Ecologia, sensi di colpa e il ritorno della metafisica.
I nostri sogni rappresentano due possibili vie di fuga dall’oppressione del
senso di colpa. Da una parte troviamo la volontà di rinunciare radicalmente a
quegli aspetti dell’umanità percepiti come minacciosi per sé o per il mondo,
per essere finalmente innocenti. Dall’altra il sogno è vita, fa parte della
natura umana dove viene moderata l’irrequietezza e il desiderio dell’inconscio.
Questa volontà e forza interiore si basa sull’idea che tutto ciò che non è
umano è per sua natura sostenibile e quindi puro e libero da colpe. C’è chi
predica la dismissione delle nascite, chi l’estinzione volontaria della razza
umana. Non entro nella discussione di queste proposte ma quello che voglio far
emergere è come queste vadano nella direzione di un radicale rifiuto di un’idea
che viene considerata, dalle stesse persone che la producono, come basilare
della nostra identità umana. L’essere umano in quanto parte della natura,
vive un contrasto dirompente tra avvicinamento alla natura e contemporaneamente
un allontanamento da quei comportamenti che sono sempre stati indicati come
naturali. In altri termini, perché mai un uomo che è un animale deve smettere
di sentirsi “superiore” perché, se non lo fa, al contrario degli altri animali,
provoca disastri. Se è un animale, perché dovrebbe sentirsi in colpa per fare
figli o mangiare come essere animale vorace come tanti altri? Si vede bene qui
come il terreno si sposti fatalmente dalla politica alla metafisica, provocando
domande non solo di enorme portata, ma anche prive di una risposta seria.
Sentiremo presto una grande voglia di trascendere, inseguiremo un
ritorno della metafisica, sentiremo voglia di ripensarci con un’anima ben
distinta dal corpo, e andremo incontro alle future tragedie abbracciati, l’un
l’altro, venerando gli idoli delle religioni secolari. Ovvero tutto ritorna
come sempre è accaduto, nulla di nuovo all’orizzonte.