I MILLE VOLTI DELLA DONNA (Identità femminile e narcisismo) Settima parte.
A questo punto dobbiamo citare Fromm che è precisissimo: <<Come la madre rappresenta il mondo naturale il padre rappresenta l’altro polo, quello dell’esistenza umana, del pensiero, delle regole, della disciplina, del lavoro, dell’avvenire. Il padre è colui che insegna al bambino, che gli mostra la strada del mondo>>. Aggiungo anche che per la bambina il padre rappresenta l’amore edipico, l’ammirazione edipica, che portano la bambina verso un’identità separata dalla madre, il rapporto con il padre facilità l’esperienza della bambina come individuo autonomo. Quanto più questo rapporto potrà essere positivo, valorizzante, strutturante, tanto più la bambina sarà in grado di accettare e valutare se stessa e di stabilire la premessa indispensabile per ritrovare, nelle relazioni con gli altri, la giusta dimensione della propria esistenza e della propria autostima. Cosa accade però nella nostra cultura? Accade che i padri non ritengono di avere qualcosa di utile o di interessante da trasmettere alle proprie figlie, in funzione della loro ricerca di un’identità attiva. E’ la seconda batosta che le bambine subiscono. Nei casi migliori c’è amore, seduzione, tenerezza nel rapporto padre -figlia, ma difficilmente il padre si impegna nel creare valori alla figlia femmina. Ossia i valori della società, che è una società maschile, ed è lui che rappresenta questi valori. E’ rarissimo che un padre riesca ad essere per la figlia femmina, quella presenza insieme affettuosa e disciplinatrice di cui ella ha bisogno per riconoscersi come individuo autonomo. Un bravo terapeuta ci direbbe che nelle analisi, il rapporto con il padre nella maggioranza dei casi, emerge come una dolorosa esperienza di amore distratto, quasi estraneo, accondiscendente, insomma un misto di svalutante indulgenza in quasi totale assenza di aspettative positive. In questa mancata assunzione da parte del padre del suo compito di guida verso la crescita, verso la maturazione, verso l’impegno, nel disconoscimento della figlia come portatrice di valori anche suoi, e il suo non riconoscersi nella figlia, sta il motivo principale della incompletezza della maturità della donna. Il disastro consiste nel rifiuto del padre di accettare le possibilità di sviluppo, le potenzialità creative della figlia e di assumerne la responsabilità affettiva di guida e diventarne corresponsabile. Mentre il maschio può fare affidamento su entrambi i genitori, alla bambina resta il solo rapporto materno che è già pieno di sciagure ereditate e confluite nel ruolo materno (per gli stessi motivi che qui stiamo descrivendo), accompagnato dalla frustrazione del desiderio di essere accettata anche nel mondo paterno. Lo sviluppo avviene in connotazioni di carattere regressivo, pre-edipico e narcisista, comportando una dipendenza dall’esterno, (approvazione esterna), nel conformarsi alle aspettative, di adeguarsi alle regole sociali, di farsi portatrice di valori stabili, e di trarre da questa riduzione le ragioni del proprio compiacimento narcisistico. Spesso questo aspetto regressivo viene negato o mascherato da difese di tipo intellettualistico o fallico, ed ecco comportamenti noti a tutti: un bambina gioca con i maschi e li picchia anche (e fa bene), è autonoma, aggressiva, ribelle, iperattiva, ecc.. Non sono tanto questi atteggiamenti importanti da capire, ma è la loro estremizzazione, sono accentuati, esagerati, troppo rigidi, privi di gioia, di Eros, per essere annoverati come normali espressioni della personalità. Tutto questo ragionare ci porta alla conclusione che questa “autodifesa” ci rinvia al problema del narcisismo di base, della difficoltà a differenziarsi come individui autonomi, e la ribellione ha in questi casi la precisa connotazione della sfida perdente. Questo narcisismo di base sarà a sua volta, come dicevamo all’inizio, il terreno favorevole all’instaurarsi di una patologia difensiva di chiara impronta masochistica.