I VOLTI SEGNATI DALLE DISCIPLINE

I VOLTI SEGNATI DALLE DISCIPLINE

I volti segnati dalle discipline
Gli adulti si sa, sono talmente presi dai loro affari e problemi, che man mano si avvicinano a un evento catastrofico non lo vedono più arrivare, non lo riconoscono subito. I bambini che non sono protetti da questi sistemi difensivi involontari, maturati con la crescita, sono estremamente lucidi verso ciò che sorprende. Ognuno dentro di se vive questo contrasto tra l'adulto e il bambino, chi più e chi meno, ma nello stesso tempo siamo presi, proiettati all'interno, trascinati da dispositivi di comportamento automatici. <<Siamo sempre azione>> dice Deleuze. <<Siamo sempre al centro delle azioni, mai alla fine o all'inizio di esse>>. Ha ragione!! Presi dalle necessità, dalle urgenze, dagli obiettivi e dal gioco ci accade, che anche se stremati si continua a stare attaccati al gioco con una vitalità sorprendente. Non vogliamo smettere! E' qui che abbandoniamo il reale, smettiamo di pensare. E' evidente che tutti noi siamo in bilico sullo stesso abisso, pur se ognuno ha il suo sistema per non vederlo. L'atteggiamento puerile ci mantiene in vita, sostiene il nostro stupido rapporto con la vita, ed è un rapporto che non dovrebbe mai fermarsi. Accade che un informatico dopo ore di lavoro con il suo pc, passa a smanettare sul suo gioco online preferito. Il gioco, o almeno la sua capacità di trascinarci, ha la facoltà di non farci pensare troppo alle cose serie ed incombenti. Non accorgersi del baratro su cui camminiamo, è il risultato dell'essere aggrappati alle impalcature semiotiche. Dobbiamo continuare a camminare per strada, alzarsi la mattina, a fare ciò che ci aspettiamo da noi, se tutto questo si arresta, ci viene di sbattere la testa contro il muro, non è affatto evidente che rispondiamo a un gusto per la vita. Percepiamo potentissima la domanda: "quale scopo abbiamo"? Ed è una domanda opprimente. Davvero vale la pena di continuare così, di riprendere l'eredità delle generazioni precedenti, fare figli, dedicarsi alla scienza, alla filosofia, alla letteratura piuttosto che mandare tutto al diavolo e mollare tutto? Siamo ai limiti del crollo, ma la distrazione ci sorregge. Questa risposta è sempre sia personale che collettiva. Non possiamo aggrapparci a niente, se non andiamo alla velocità delle scie comportamentali, alla velocità delle impalcature semiotiche. Siamo dentro una dialettica coinvolgente estesa al nostro "circondario". Cosa potrebbe servirci per andare avanti più serenamente? Qualche settimana dietro mi è tornata in mente l'umiltà delle prime religioni. Esse erano imperniate sul dubbio e le menti amavano dirsi: "nel peggiore dei casi non funziona". E' un sentire primordiale certo, ma occorreva "assecondare i segni" (strumenti semiotici) come mezzi di sopravvivenza leggera. Proprio quelle piccole sensazioni, quei presentimenti che smuovono i significati, che permettono anche un ricorso naturale all'ironia, che possono generare una sorpresa. Un po' come chiedere al fulmine di cadere più in là, perché qui ci sono io. Ridicolo? Certo, ma quel frangente da "fessacchiotti" ci ha messi oltre quel sentirsi in pericolo. Occorre destreggiarsi, mettersi alla prova. Si acquisisce così, un discreto dominio in alcune situazioni che ci appaiono irrisolvibili, o un niente in altre, e percepiamo le differenze dovute all'età. Cosa ha vissuto la mia generazione? Si è scontrata con la psicanalisi dove, invece di fare tesoro di quel plus che essa dava, gli ha attribuito un senso di errata o quantomeno falsa potenza: quell'essersi sentiti "più forti degli altri" solo per aver frequantato tre anni lo scomodo lettino terapeutico. Gravissimo errore! Quel plus era fantastico, era un virtuosismo "aumentato" come quello di un pianista che ci sorprende. I visi increspati, tetri dei miei coetanei emanano distacco, fatica di vivere, assenza di leggerezza. Essi sono il risultato della durezza quotidiana. Hanno annegato i pensieri esistenziali nell'azione, hanno accettato passivamente di essere sempre in competizione. In un continuo cieco fare, costellato di grossi errori!! Hanno vissuto ansie da prestazione anche nell'intimità. Hanno censurato la componente bambinesca perché a dir loro impresentabile e poco modaiola perché sprovvista di un retroterra culturale di conforto. Per non sentirsi infantili hanno prodotto un processo di trasformazione del gioco (ritenuto dannoso all'immagine), in disciplina. Per noi ultrassessantenni tutto è, ed è stato un susseguirsi di discipline. Il calcio da almeno cinquant'anni è solo disciplina, tutto lo sport è disciplina fatta di competizione, doping e stress muscolare. I podisti che incontriamo nelle stradine dei boschi hanno visi solcati, segnati dalla fatica e corpi scolpiti dalla disciplina. Lo Yoga è disciplina, la meditazione è disciplina. Essere viaggiatori o visitatori è sottoporsi a una disciplina. Il lavoro è disciplina, regolamenti, orari e procedure. Mangiare è disciplina, occorre rispettare una dieta quindi la peggiore delle discipline. Essere magri è una  severa disciplina. Vestire di moda ha generato corpi sottoposti a generale disciplina. Nessuno ride più a "crepapelle", ma come fai a ridere se sei 24 ore al giorno in compagnia del cane? Il cane vivacchia per il solo cibo e si limita a restituire quel poco di utile che la sua natura gli consente ed ha fatto del padrone il suo badante a tempo pieno. Avete mai sentito ridere i danzatori di tango? Rideva la gente nei piccoli borghi che improvvisava balli folkloristici. I "tangheri" e le tanghere così amati dalla gente, fanno le "figure" e in queste gesta memorabili li vedi nervosi, orribilmente tesi, vittime sudate della paura di sbagliare. A fine serata, nei "templi" del ballo non ci sono echi di allegre risate, ma solo il cattivo odore dei corpi sudati. Da tutte queste discipline si salvano i ludopatici! Ovvero alcuni appassionati di videogiochi che vivono felici e contenti, non hanno tempo per pensare alla caducità della condizione umana. Tornando al nostro "essere azione" e soprattutto al valore del saper vivere, per affrontare le difficoltà ci serve più consistenza, più apertura, più ironia e facilità di passare da una scia semiotica ad un altra più interpretabile. Vivere intensamente e seriamente alcune direzioni e se necessario, fare anche l'esatto contrario. Essere qualcosa o qualcuno, e contemporaneamente lasciar intendere che possiamo essere anche altro, e molto altro ancora. Restare imprendibili e inafferrabili per chi vive facile imitando gli altri, o sequendo linee subdolamente dettate dai media superpagati per formare un'opinione allargata a interi strati sociali. Ridere forte e' solleticare e dare spazio alla parte infantile di noi, è potenziare la nostra facilità di essere leggeri. Il grande Rodari era solito asserire che ridere e giocare con figli e nipoti è importantissimo, essi non lo dimenticheranno mai. Oggi quello che è fatto è fatto!! Non ci resta altro che imitare i napoletani, i quali quando ti vedono accigliato dicono: <<sei depresso? Fregatenne!!>>. Noi, la mia generazione, attratta dalle sirene della moda, ha trascorso gli ultimi cinquant'anni a trasformare un viso normalmente cordiale e sorridente in un altro devastato dalla fatica di praticare il maggior numero possibile di discipline. Oramai è troppo tardi per cambiare le nostre linee del viso, la nostra estetica è quella  che non vogliamo comprendere dicendoci reciprocamente: "sembri molto più giovane dei tuoi anni", non siamo capaci di ironizzare su nulla, ci prendiamo spudoratamente per "fessi". E' tardi per ritrovare una buona estetica che rendeva adorabili i nostri nonni. E' tardi per passare da un'aria tetra a linee morbide di un'amabilità che viene dall'abitudine a sorridere e dal saper vivere. Guardate bene i selfie che arrivano sui nostri cellulari, sono veramente orribili.