IL CELLULARE E LA SHARING ECONOMY
Il cellulare e la sharing economy
Gli appassionati informatici di ultima leva, (esclusi gli sviluppatori che si "ingegnano" a scrivere "righe di software", a trovare scorciatoie ma non algoritmi), diversamente dalle vecchie generazioni di "programmatori", utilizzano il cellulare come un vero e proprio telecomando per il mondo. Lo smartphone è un mezzo per avere accesso a ciò di cui si ha bisogno: una blocco di software, un prodotto, un servizio o una bici per il bike sharing. Questo tipo di approccio, basato sulla gratificazione istantanea a richiesta è molto importante ed ha creato ogni specie di condivisione che si sostituisce all’idea di possesso. Oltre ad un ritrovato senso di comunità, l’economia collaborativa mette al centro la fiducia, vero e proprio collante sociale che, mixato con la tecnologia, dà vita ad una vera e propria esplosione delle reti. Nuovi meccanismi abilitati dal digitale ci portano a fidarci di persone e aziende. Questo trend si potrebbe definire un passaggio epocale dalla cosiddetta “institutional trust” (fiducia istituzionale) alla “distributed trust” (fiducia distribuita). Ma cosa accade ultimamente? Succede che questa “distributed trust” viene improvvisamente messa in discussione, durante la pandemia del Coronavirus. Si, perché fino a qualche mese fa “condividere” era la parola chiave. Oggi, complice la paura dei contagi, la condivisione non è poi così scontata. E il distanziamento sociale non supporta fiducia e apertura verso l’altro. La fiducia nell’altro viene meno e i colossi dell’economia condivisa, quali Uber e Airbnb, ne risentono. Nessuno avrebbe mai pensato che potessero essere così fragili. Altra faccenda che invece la pandemia ha potenziato è l'utilizzo dei monopattini, bici, e similari. Credo fortemente che il futuro della sharing economy sarà soltanto green, perché cavalcherà valori e necessità vissute durante il lockdown. La svolta green non sarà solo in questo settore. Chi nel Veneto, in Lombardia, in Piemonte e in Emilia è tornato a rivedere cieli blu estesi e respirare aria pulita, non starà con le mani in mano ad attendere che tutto torni come prima e non è solo una speranza ma una nuova sensibilizzazione verso gli impianti industriali inquinanti che porterà a nuove regole e nuove tutele.
Gli appassionati informatici di ultima leva, (esclusi gli sviluppatori che si "ingegnano" a scrivere "righe di software", a trovare scorciatoie ma non algoritmi), diversamente dalle vecchie generazioni di "programmatori", utilizzano il cellulare come un vero e proprio telecomando per il mondo. Lo smartphone è un mezzo per avere accesso a ciò di cui si ha bisogno: una blocco di software, un prodotto, un servizio o una bici per il bike sharing. Questo tipo di approccio, basato sulla gratificazione istantanea a richiesta è molto importante ed ha creato ogni specie di condivisione che si sostituisce all’idea di possesso. Oltre ad un ritrovato senso di comunità, l’economia collaborativa mette al centro la fiducia, vero e proprio collante sociale che, mixato con la tecnologia, dà vita ad una vera e propria esplosione delle reti. Nuovi meccanismi abilitati dal digitale ci portano a fidarci di persone e aziende. Questo trend si potrebbe definire un passaggio epocale dalla cosiddetta “institutional trust” (fiducia istituzionale) alla “distributed trust” (fiducia distribuita). Ma cosa accade ultimamente? Succede che questa “distributed trust” viene improvvisamente messa in discussione, durante la pandemia del Coronavirus. Si, perché fino a qualche mese fa “condividere” era la parola chiave. Oggi, complice la paura dei contagi, la condivisione non è poi così scontata. E il distanziamento sociale non supporta fiducia e apertura verso l’altro. La fiducia nell’altro viene meno e i colossi dell’economia condivisa, quali Uber e Airbnb, ne risentono. Nessuno avrebbe mai pensato che potessero essere così fragili. Altra faccenda che invece la pandemia ha potenziato è l'utilizzo dei monopattini, bici, e similari. Credo fortemente che il futuro della sharing economy sarà soltanto green, perché cavalcherà valori e necessità vissute durante il lockdown. La svolta green non sarà solo in questo settore. Chi nel Veneto, in Lombardia, in Piemonte e in Emilia è tornato a rivedere cieli blu estesi e respirare aria pulita, non starà con le mani in mano ad attendere che tutto torni come prima e non è solo una speranza ma una nuova sensibilizzazione verso gli impianti industriali inquinanti che porterà a nuove regole e nuove tutele.