IL DISTANZIAMENTO SOCIALE E IL DOLORE DELL'UOMO
Il distanziamento sociale e il dolore dell'uomo.
Prima del Covid 19 fin da ragazzo non sono mai stato capace di superare la distanza tra le persone. Entravo sospettoso negli stadi, nei parterre, nelle platee, mi sentivo troppo stretto ai concerti, pur non negandomi alcun spettacolo di massa mi ha sempre infastidito sia l'assembramento, sia il contatto umano fuori dagli intimi rapporti. Anche a questi mi abituo lentamente come ad altre effusioni amorose. Ho istintivamente bisogno di spazio e della lontananza dai corpi e supero tutto questo con una specie di lenta "manovra" di avvicinamento che è veramente il tempo incerto della mia convivenza con gli altri. Ammiro gli animali che si "inchiodano" l'un l'altro con tutti i loro sensi in funzione ed eccitati. L'uomo invece, riesce a staccarsi, a ricordare, a compatire gli altri, a immaginarne gli stati d'animo e i sentimenti degli altri, ma è solo una beffarda apparenza. Da questi atteggiamenti e abitudini nascono così le "circostanze" o atteggiamenti finti e di convenienza. Piango un defunto fintamente solo per far vedere a chi sta li che provo dolore ma non è vero, meglio le "piagnone" a pagamento che è il giusto trovato dei familiari per mostrare il dolore da perdita agli altri senza essere ipocriti. A volte ci vengono solo apparentemente seri alcuni tentativi di pseudo-immedesimazione e di transfert, in questi momento brevi riusciamo a intravedere in modo vago e imperfetto solo noi stessi. Che ne sarebbe di noi se davvero riuscissimo a provare compassione per gli altri, a condividere i loro sentimenti e a soffrire per loro? Come potrebbe un medico stare tutto il giorno in una corsia d'ospedale? Il fatto che i dolori, le paure, le sofferenze degli uomini si dissolvano con la morte individuale e che niente sopravviva dei passati slanci, cadute, orgasmi e torture è un pregevole dono dell'evoluzione che ci ha fatto simili agli animali. Se a ogni infelice, a ogni torturato sopravvivesse un solo sintomo dei suoi sentimenti, se questo dolore "ereditato" si accumulasse da un uomo all'altro, il mondo annegherebbe nel dolore. Per fortuna ci viene bene la "faccia" di circostanza, sempre per fortuna siamo come zecche, ognuna attaccata alla propria foglia, ignorando altre zecche e altre foglie. Oggi mi viene chiesta distanza sociale, quasi quasi gioisco quando vedo che non mi si "appiccicano" addosso, era ora!! Finalmente hanno paura che io possa infettarli.
Prima del Covid 19 fin da ragazzo non sono mai stato capace di superare la distanza tra le persone. Entravo sospettoso negli stadi, nei parterre, nelle platee, mi sentivo troppo stretto ai concerti, pur non negandomi alcun spettacolo di massa mi ha sempre infastidito sia l'assembramento, sia il contatto umano fuori dagli intimi rapporti. Anche a questi mi abituo lentamente come ad altre effusioni amorose. Ho istintivamente bisogno di spazio e della lontananza dai corpi e supero tutto questo con una specie di lenta "manovra" di avvicinamento che è veramente il tempo incerto della mia convivenza con gli altri. Ammiro gli animali che si "inchiodano" l'un l'altro con tutti i loro sensi in funzione ed eccitati. L'uomo invece, riesce a staccarsi, a ricordare, a compatire gli altri, a immaginarne gli stati d'animo e i sentimenti degli altri, ma è solo una beffarda apparenza. Da questi atteggiamenti e abitudini nascono così le "circostanze" o atteggiamenti finti e di convenienza. Piango un defunto fintamente solo per far vedere a chi sta li che provo dolore ma non è vero, meglio le "piagnone" a pagamento che è il giusto trovato dei familiari per mostrare il dolore da perdita agli altri senza essere ipocriti. A volte ci vengono solo apparentemente seri alcuni tentativi di pseudo-immedesimazione e di transfert, in questi momento brevi riusciamo a intravedere in modo vago e imperfetto solo noi stessi. Che ne sarebbe di noi se davvero riuscissimo a provare compassione per gli altri, a condividere i loro sentimenti e a soffrire per loro? Come potrebbe un medico stare tutto il giorno in una corsia d'ospedale? Il fatto che i dolori, le paure, le sofferenze degli uomini si dissolvano con la morte individuale e che niente sopravviva dei passati slanci, cadute, orgasmi e torture è un pregevole dono dell'evoluzione che ci ha fatto simili agli animali. Se a ogni infelice, a ogni torturato sopravvivesse un solo sintomo dei suoi sentimenti, se questo dolore "ereditato" si accumulasse da un uomo all'altro, il mondo annegherebbe nel dolore. Per fortuna ci viene bene la "faccia" di circostanza, sempre per fortuna siamo come zecche, ognuna attaccata alla propria foglia, ignorando altre zecche e altre foglie. Oggi mi viene chiesta distanza sociale, quasi quasi gioisco quando vedo che non mi si "appiccicano" addosso, era ora!! Finalmente hanno paura che io possa infettarli.