LA VITA IN CASA, IL DRAMMA DELLE DONNE E NON SOLO
La vita in casa, il dramma delle donne e non solo.
Oramai, da quello che leggiamo sui principali quotidiani continentali possiamo parlare, ai tempi dell'isolamento forzoso, di quello che sta accadendo nelle convivenze di coppia a prescindere dall'identità di genere. Ad esempio in Italia nel weekend dell' otto marzo scorso, quando è scattato "il coprifuoco" è accaduto che coppie recenti o che vivono in città diverse, regioni diverse o addirittura paesi limitrofi diversi, si sono trovate separate e la sofferenza è data appunto dall'impossibilità di stare insieme, e poiché la lontananza si sà, in tempi normali diluisce gli incontri, sarebbe stata una manna dal cielo dividere la stessa casa con tutto questo tempo a disposizione. Queste coppie sono una minoranza e vivono un problema esattamente non grave. Il problema grosso invece, è per le coppie che stanno insieme da anni e che non hanno più la scusa del lavoro per prendere aria dal partner. Rapporti fragili per economia, per problemi con figli, per litigiosità pregressa, per noia, diventano detonatori di situazioni esplosive. Come sempre chi esce massacrata in questi casi è la donna, ma meglio non va ad altre identità di genere (maschi compresi) che nella vita di coppia si sottomettono magari senza accorgersene, per amore, per necessità o per indole, ai partner. Leggiamo: nella Francia nel Belgio, nel Brasile, qui in Italia , nella Spagna il virus ha reso la casa un inferno per chi la vita ha posto accanto a un uomo, o un partner egoista e violento. Qui in Italia peggio che mai. Ogni paese cerca di dare una risposta concreta a queste entità in difficoltà, in diversi modi ma con scarsissimi risultati. Paura di essere soffocate o accoltellate, per una parola male interpretata, è fortissima in tempi di porte chiuse. Sull'Espresso: <<Le donne sono la metà del cielo destinata a pagare maggiormente le conseguenze negative dell'epidemia che costringe vittime e carnefici alla convivenza forzata 24 ore su 24>>. Una avvocatessa psicologa di "telefono rosa", racconta che è sotto tiro, lavora da casa e non bastano 24 ore per dare un primo conforto alle donne che chiedono aiuto. Aiuto certo, ma quello che manca, e mancava anche prima perché non creava interesse politico, è l'assenza di alloggi dove ospitare chi è maltrattata. Solo nella regione Umbria, in questi giorni, sono stati assegnati 13 alloggi d'urgenza a chi cercava di scampare a un vero massacro fisico e mentale, ma gli alloggi necessari erano oltre duecento. Nelle altre regioni italiane il nulla. Fuori in Spagna, prima ancora nelle Canarie, poi in Andalusia e Cantabria, regioni dove sono da anni più attenti alla condizione delle donne, è stata adottata un'iniziativa chiamata “mascarilla 19” in aiuto delle donne sotto minacce. Coloro che riescono a raggiungere una farmacia, potranno chiedere una "mascherina 19" che diventa un sos convenzionale e la farmacia fa partire i soccorsi. Hanno la fortuna di avere strutturato gruppi di intervento concreto già dagli anni di Zapatero. A Codogno, primo focolaio italiano, è nata un'associazione di terapeuti che offrono sostegno a chi ha subito lutti o non supera lo stress paura ma, molto spesso, anche per supportare le tante vittime obbligate dall'emergenza alla convivenza forzata coi compagni violenti. A Roma vogliono copiare quello che stanno facendo in Spagna, ma non riescono a reperire alloggi. Nel frattempo è stata la Francia a copiare l'iniziativa spagnola e a rilanciarla, leggo di un'associazione "Nous Toutes" che sottolinea come le donne, che prima volevano dare ancora una chance al marito violento, adesso siano rinchiuse con lui, alla sua mercé e disperatamente inviano richieste di aiuto via Whatsapp. Nel Belgio la responsabile alle politiche sociali ha voluto far sapere pubblicamente che in tre dei quartieri più multietnici del Paese, Saint Josse, Evere e Schaerbeek, la polizia ricomincerà a mettersi in contatto con tutte coloro che in precedenza avevano esposto denuncia contro i maltrattanti: «per non farle sentire sole durante queste settimane di confinamento». Insomma, tutte le identità umane non aggressive o tendenti a mettersi nelle mani dei partner per amore, debolezza o per dipendenza, stanno vivendo l'inferno a causa della costante presenza dei partner. Per costoro il pericolo di maltrattamenti fisici è moltiplicato dieci volte perché non esiste più il tempo del lavoro e, tutto ciò che prima era ancora sopportabile tra conviventi, adesso diventa un menage micidiale. Le numerosissime umanità più delicate, non solo devono proteggersi da un virus terribile, ma sono costrette a superare se stesse, le soglie di sopportazione fisica e mentale, oltrepassare la loro indole, per difendere la propria incolumità fisica.
Oramai, da quello che leggiamo sui principali quotidiani continentali possiamo parlare, ai tempi dell'isolamento forzoso, di quello che sta accadendo nelle convivenze di coppia a prescindere dall'identità di genere. Ad esempio in Italia nel weekend dell' otto marzo scorso, quando è scattato "il coprifuoco" è accaduto che coppie recenti o che vivono in città diverse, regioni diverse o addirittura paesi limitrofi diversi, si sono trovate separate e la sofferenza è data appunto dall'impossibilità di stare insieme, e poiché la lontananza si sà, in tempi normali diluisce gli incontri, sarebbe stata una manna dal cielo dividere la stessa casa con tutto questo tempo a disposizione. Queste coppie sono una minoranza e vivono un problema esattamente non grave. Il problema grosso invece, è per le coppie che stanno insieme da anni e che non hanno più la scusa del lavoro per prendere aria dal partner. Rapporti fragili per economia, per problemi con figli, per litigiosità pregressa, per noia, diventano detonatori di situazioni esplosive. Come sempre chi esce massacrata in questi casi è la donna, ma meglio non va ad altre identità di genere (maschi compresi) che nella vita di coppia si sottomettono magari senza accorgersene, per amore, per necessità o per indole, ai partner. Leggiamo: nella Francia nel Belgio, nel Brasile, qui in Italia , nella Spagna il virus ha reso la casa un inferno per chi la vita ha posto accanto a un uomo, o un partner egoista e violento. Qui in Italia peggio che mai. Ogni paese cerca di dare una risposta concreta a queste entità in difficoltà, in diversi modi ma con scarsissimi risultati. Paura di essere soffocate o accoltellate, per una parola male interpretata, è fortissima in tempi di porte chiuse. Sull'Espresso: <<Le donne sono la metà del cielo destinata a pagare maggiormente le conseguenze negative dell'epidemia che costringe vittime e carnefici alla convivenza forzata 24 ore su 24>>. Una avvocatessa psicologa di "telefono rosa", racconta che è sotto tiro, lavora da casa e non bastano 24 ore per dare un primo conforto alle donne che chiedono aiuto. Aiuto certo, ma quello che manca, e mancava anche prima perché non creava interesse politico, è l'assenza di alloggi dove ospitare chi è maltrattata. Solo nella regione Umbria, in questi giorni, sono stati assegnati 13 alloggi d'urgenza a chi cercava di scampare a un vero massacro fisico e mentale, ma gli alloggi necessari erano oltre duecento. Nelle altre regioni italiane il nulla. Fuori in Spagna, prima ancora nelle Canarie, poi in Andalusia e Cantabria, regioni dove sono da anni più attenti alla condizione delle donne, è stata adottata un'iniziativa chiamata “mascarilla 19” in aiuto delle donne sotto minacce. Coloro che riescono a raggiungere una farmacia, potranno chiedere una "mascherina 19" che diventa un sos convenzionale e la farmacia fa partire i soccorsi. Hanno la fortuna di avere strutturato gruppi di intervento concreto già dagli anni di Zapatero. A Codogno, primo focolaio italiano, è nata un'associazione di terapeuti che offrono sostegno a chi ha subito lutti o non supera lo stress paura ma, molto spesso, anche per supportare le tante vittime obbligate dall'emergenza alla convivenza forzata coi compagni violenti. A Roma vogliono copiare quello che stanno facendo in Spagna, ma non riescono a reperire alloggi. Nel frattempo è stata la Francia a copiare l'iniziativa spagnola e a rilanciarla, leggo di un'associazione "Nous Toutes" che sottolinea come le donne, che prima volevano dare ancora una chance al marito violento, adesso siano rinchiuse con lui, alla sua mercé e disperatamente inviano richieste di aiuto via Whatsapp. Nel Belgio la responsabile alle politiche sociali ha voluto far sapere pubblicamente che in tre dei quartieri più multietnici del Paese, Saint Josse, Evere e Schaerbeek, la polizia ricomincerà a mettersi in contatto con tutte coloro che in precedenza avevano esposto denuncia contro i maltrattanti: «per non farle sentire sole durante queste settimane di confinamento». Insomma, tutte le identità umane non aggressive o tendenti a mettersi nelle mani dei partner per amore, debolezza o per dipendenza, stanno vivendo l'inferno a causa della costante presenza dei partner. Per costoro il pericolo di maltrattamenti fisici è moltiplicato dieci volte perché non esiste più il tempo del lavoro e, tutto ciò che prima era ancora sopportabile tra conviventi, adesso diventa un menage micidiale. Le numerosissime umanità più delicate, non solo devono proteggersi da un virus terribile, ma sono costrette a superare se stesse, le soglie di sopportazione fisica e mentale, oltrepassare la loro indole, per difendere la propria incolumità fisica.