LEGGERE E PARLARE INGLESE CI MIGLIORA?

LEGGERE E PARLARE INGLESE CI MIGLIORA?

Leggere e parlare inglese ci migliora?
In un periodo in cui le mutazioni di ogni cosa che viviamo ci spiazzano, siamo prede di false convinzioni come quelle che la nostra formazione (competenza di vita) dipenda dalla quantità di letture o dalla capacità di utilizzare lingue diverse. Esiste lettura e lettura e parlare un discreto inglese non basta per ritenersi sufficientemente competenti nelle cose della vita. Leggere romanzi cambia il cervello perché migliora la capacità di scoprire e capire le emozioni delle altre persone. Capire le emozioni è una competenza cruciale per riuscire a destreggiarsi bene all’interno di sistemi complessi di relazioni sociali. Capire gli altri, ma anche capire noi stessi, lo facciamo attraverso una "costruzione della mente" che comprende ragionamenti (ipotesi) sia su ciò che gli altri pensano, sentono, credono, sia sul modo in cui noi stessi pensiamo, percepiamo, decidiamo. Tutta questa competenza nel capire gli altri a fianco del capire noi stessi migliora vistosamente in chi legge buona letteratura, saggistica, storiografia e filosofia e non in coloro che leggono romanzi di intrattenimento. Questa distinzione sovente solo percepita ma oggi analizzata da vari ricercatori, è davvero sottile: i testi dei grandi autori sfidano il lettore trasportandolo in un contesto nuovo in cui sta a lui trovare la propria strada, colmando le lacune e immedesimandosi nei personaggi. Insomma: è il lettore a dover interpretare l’opera, facendola propria. In questa prospettiva, leggere non è «simulare», ma vivere pienamente una nuova esperienza, proiettandoci nei panni e negli ambienti dei personaggi.
Questo, fra l’altro, significa che non è l’appartenenza o meno di un romanzo a un genere letterario a determinarne la qualità narrativa: lo ricordo qui perché, fino a non molti anni fa, i gialli, il genere fantasy, la fantascienza, l’horror venivano considerati narrativa in qualche modo minore. (Questo infastidiva gli accaniti lettori di questi generi). Questo sta a significare che i veri valori per il lettore sono la complessità e la profondità delle motivazioni che muovono i personaggi, la loro umana ambivalenza e la potenza dell’invenzione di un intero mondo che il lettore può abitare, a prescindere dal genere della storia raccontata. Sempre che sia ammesso che di «generi» si possa ancora parlare. Nei testi d’intrattenimento invece, è l’autore a pilotare il lettore attraverso il puro incalzare delle vicende. Questo, ovviamente, non significa che bisogna astenersi dal leggere romanzi d’intrattenimento perché sono sempre pronti a divertirci e a farci compagnia nelle domeniche di pioggia, e sono ottimi compagni di viaggio o di vacanza. Difficilmente però sono in grado di cambiarci, di regalarci intuizioni profonde o nuove prospettive di giudizio. Tornando alle lingue non basta un buon inglese turistico a renderci "conoscitori" della lingua inglese (già povera di suo), ma occorre entrare dentro il lnguaggio di tutto il popolo, in quello parlato dai lord, negli ambienti diplomatici, nelle pasticcerie, nei pub e soprattutto afferrare le finezze dei dialetti locali. In Svizzera si studiano quattro lingue, ma chi poi avanza su una di esse si accorge che in effetti nessuna è sufficientemente conosciuta perché usata in modo poco esteso. Conoscere bene una lingua ci rende liberi di esprimere concetti sofisticati che solo una grande conoscenza di essa ci può consentire. Tutto sta da come usiamo le parole scritte e parlate, da cosa vogliamo comunicare e faccio un esempio: il greco e il tedesco sono le "lingue dei filosofi" perché entrambe, ricchissime di vocaboli, consentono di esprimere concetti complessi. Nella filosofia, dopo le lingue greca e tedesca, seguono il francese e l'italiano che si equivalgono, ma l'inglese possiamo considerarlo poco più di un "dialetto" del tedesco. La rivincita dell'inglese, con i suoi 4000/5000 vocaboli è sotto gli occhi di tutti, essa avviene attraverso l'uso dell'informatica, e la globalizzazine delle attività economiche, ma ci saimo mai chiesti se un informatico o un cosmopolita incallito che transita ogni settimana negli aeroporti internazionali, siano anche competenti nel comprendere emozioni, comportamenti, esigenze e intuire cosa pensano gli altri?