L'IRONIA, UN'ARTE DEL SAPER VIVERE
L'ironia, un'arte del saper vivere.
Per fare dell’ironia bisogna avere una certa padronanza del linguaggio, o del gesto. Gli antichi sabini che hanno insegnato ai romani l'arte dello scenismo da strada, fanno ironia su tutto, in ogni momento e in ogni luogo, padroni del loro dialetto che gli consente di interpretare ogni azione in pubblico come un'entrata in scena a sipario aperto. E' da questa scuola che i romani di oggi sono , in primo momento sono simpatici a tutti, anche ai seriosi anglosassoni per una teatralità del linguaggio e dei comportamenti, per poi divenire insopportabili per la grevità e la beceraggine della loro invadenza, che deriva invece, dalla lunga storia di conquistatori e invasori. (Ahò!! Semo de Roma...). Diciamo pure dell'importanza del linguaggio e quindi della conoscenza in generale. Una cultura ristretta fa sì che le regole del gioco, qualunque sia il gioco, vengano intese in un modo così rigido da cancellare ogni aspetto coraggiosamente innovativo. L'ironia come innovazione. Ricordo durante il liceo, che mentre un professore faceva lezione di filosofia, uno dei miei compagni si alzò e disse: <<Però, io la penserei diversamente>>. Ecco, non posso non dire che il pensare diversamente possa essere anche ironico, ma guai se la scuola non fosse più la zona dove l’ironia abbia il diritto di risiedere. Il legame con la cultura è essenziale: l’ironia su cosa gioca, su cosa si fonda? Sul fatto che una parola, che noi solitamente impieghiamo in una certa accezione standard, venga usata in un'eccezione un po’ diversa, insolita. E questa è una cosa divertente, anzi per me divertentissima. La padronanza del linguaggio e dei significati è ineliminabile. E' cruciale che in situazioni in cui la "rigidità" impera, vediamo la morte del concetto di cui ci stiamo occupando. La rigidità nell'insegnamento per esempio, è mortale per l'approfondimento, nella ricerca scientifica bloccherebbe se medesima. La rigidità nel campo della progettazione di elementi tecnici renderebbe vana ogni ricerca di nuove funzionalità. In campo artistico vuol dire solo stanchezza e noia e mi sembrerebbe assurdo pensare a Courbet, Modigliani, Dalì, come individualità che non facessero dell'ironia un arte. Chi non ricorda Achille Campanile come maestro di vita e d'ironia? Chi ha dimenticato Ennio Flaiano? Per costoro l'ironia era un arma contro chiunque si cullava sulle certezze dell'ignoranza. Ho conosciuto persone che fanno dell'ironia "rinculando" uno spavento improvviso, fanno di essa una vera arma di difesa contro un fastidio, contro una prevaricazione. Insomma l'ironia regna sovrana nella nostra vita e fa parte di quei campi di creatività che sono tipici degli artisti in genere, dei visionari, degli innovatori, degli inventori, e di coloro che si avvicinano all'obsoleto e lo fanno rivivere. Sopra: il teatro Flavio Vespasiano di Rieti
Per fare dell’ironia bisogna avere una certa padronanza del linguaggio, o del gesto. Gli antichi sabini che hanno insegnato ai romani l'arte dello scenismo da strada, fanno ironia su tutto, in ogni momento e in ogni luogo, padroni del loro dialetto che gli consente di interpretare ogni azione in pubblico come un'entrata in scena a sipario aperto. E' da questa scuola che i romani di oggi sono , in primo momento sono simpatici a tutti, anche ai seriosi anglosassoni per una teatralità del linguaggio e dei comportamenti, per poi divenire insopportabili per la grevità e la beceraggine della loro invadenza, che deriva invece, dalla lunga storia di conquistatori e invasori. (Ahò!! Semo de Roma...). Diciamo pure dell'importanza del linguaggio e quindi della conoscenza in generale. Una cultura ristretta fa sì che le regole del gioco, qualunque sia il gioco, vengano intese in un modo così rigido da cancellare ogni aspetto coraggiosamente innovativo. L'ironia come innovazione. Ricordo durante il liceo, che mentre un professore faceva lezione di filosofia, uno dei miei compagni si alzò e disse: <<Però, io la penserei diversamente>>. Ecco, non posso non dire che il pensare diversamente possa essere anche ironico, ma guai se la scuola non fosse più la zona dove l’ironia abbia il diritto di risiedere. Il legame con la cultura è essenziale: l’ironia su cosa gioca, su cosa si fonda? Sul fatto che una parola, che noi solitamente impieghiamo in una certa accezione standard, venga usata in un'eccezione un po’ diversa, insolita. E questa è una cosa divertente, anzi per me divertentissima. La padronanza del linguaggio e dei significati è ineliminabile. E' cruciale che in situazioni in cui la "rigidità" impera, vediamo la morte del concetto di cui ci stiamo occupando. La rigidità nell'insegnamento per esempio, è mortale per l'approfondimento, nella ricerca scientifica bloccherebbe se medesima. La rigidità nel campo della progettazione di elementi tecnici renderebbe vana ogni ricerca di nuove funzionalità. In campo artistico vuol dire solo stanchezza e noia e mi sembrerebbe assurdo pensare a Courbet, Modigliani, Dalì, come individualità che non facessero dell'ironia un arte. Chi non ricorda Achille Campanile come maestro di vita e d'ironia? Chi ha dimenticato Ennio Flaiano? Per costoro l'ironia era un arma contro chiunque si cullava sulle certezze dell'ignoranza. Ho conosciuto persone che fanno dell'ironia "rinculando" uno spavento improvviso, fanno di essa una vera arma di difesa contro un fastidio, contro una prevaricazione. Insomma l'ironia regna sovrana nella nostra vita e fa parte di quei campi di creatività che sono tipici degli artisti in genere, dei visionari, degli innovatori, degli inventori, e di coloro che si avvicinano all'obsoleto e lo fanno rivivere. Sopra: il teatro Flavio Vespasiano di Rieti