PENSIERI RAPIDI: Il valore della nostra vita
PENSIERI RAPIDI: Il valore della nostra vita
Se pensiamo alla nostra salute dobbiamo dire che il settore sanitario costituisce oggi una fetta importante dell’economia globale, comprendendo una gamma di categorie di business che vanno dalle aziende farmaceutiche ai servizi sanitari. Dunque è fin troppo chiaro che si tratta di un business che va sottratto alla gestione collettiva e consegnato ai sistemi di privatizzazione e di brevetto. Il pronto soccorso? Oggi è insufficiente e l'ospedale di Bergamo lo ha dimostrato con le morti per Covid, i posti restati pubblici sono pochi e negli ospedali già privatizzati, non rappresentando un business, restano fuori dagli investimenti. Se pensiamo alla nostra vita (cura, linguaggio, relazione), più si avvicinano a diventare una merce qualunque, oggetto di di scambio economico diretto o indiretto, più essi perdono di significato nella rete delle relazioni sociali, erotiche, e nei collegamenti solidali tra viventi. In altre parole, più le tasche della speculazione finanziaria si riempiono e più si svuotano i rapporti tra viventi, i legami materiali, affettivi, empatici, etici, morali che ci legano gli uni alle altre. Altro che storielle e chiacchiere televisive, la ragione delle mancate nascite in Italia (oramai da anni la popolazione è in diminuzione nonostante i migranti), viene da un persistente aumento dell'inquietudine nel mantenere la coesione sociale. Se ci manca la vita, se essa viene ricompresa nelle maglie sempre più strette dello sfruttamento neoliberista, attraverso vari passaggi e dispositivi, ci manca anche la resistenza. Resistenza alla flessibilità del capitalismo e alle sue norme ideologiche, essenziali per appropriarsi, in termini economici, del funzionamento sociale e politico. In una società sempre più precaria, scippata anche dei sentimenti (anch'essi determinati dal consumo), lo sgretolamento dei rapporti tra persone produce crisi di affetti, e produce un'angoscia progressiva che viene dalla privazione sempre più drastica dei legami, da un'incapacità di creare e gestire nuovi rapporti, ma anche nel mantenere quelli già esistenti. Siamo obbligati a reinventare la quotidianità, il senso di prossimità, le convivenze, l’interrelazione materiale e sentimentale tra noi, senza dualismi di genere. Dobbiamo smettere di pensare alla vita di coppia di cui siamo stati spettatori in gioventù, abbandonare schemi familiari precostituiti, e inventare nuovi modi di vivere. Dobbiamo rivedere nuovi schemi sociali, reinterpretando alcuni diritti sottratti dall'aggressività neoliberista nella nostra sfera personale, in particolare: il diritto alla casa, il diritto all’istruzione, il diritto alla salute, il diritto alla pensione. Non meno dobbiamo preoccuparci dei nuovi processi biologici emergenti dai nuovi rapporti lavorativi. Se la politica continua ad escludere spazi vitali a potenziali risorse vitali, dobbiamo essere noi a produrre un forte cambiamento. Operiamo energicamente per ridare vita a quello che le "modernità" escludono, ritrovare, partecipare, e potenziare gli spazi umani che ci accomunano: restituire valore all'attenzione reciproca, alle forme di assistenza, alla libertà e autodeterminazione. Riformare l'incrocio tra pubblico e privato con nuovi modelli autogestiti, dare disponibilità all'altruismo, limitare le forme di gerarchia e uscire dalle logiche di potere dove ci siamo smarriti. Questa è la cura collettiva di cui abbiamo bisogno per evitare il commercio delle nostre vite, per ridargli il corretto valore, il nostro valore. La vita è nostra ed è solo una.
Se pensiamo alla nostra salute dobbiamo dire che il settore sanitario costituisce oggi una fetta importante dell’economia globale, comprendendo una gamma di categorie di business che vanno dalle aziende farmaceutiche ai servizi sanitari. Dunque è fin troppo chiaro che si tratta di un business che va sottratto alla gestione collettiva e consegnato ai sistemi di privatizzazione e di brevetto. Il pronto soccorso? Oggi è insufficiente e l'ospedale di Bergamo lo ha dimostrato con le morti per Covid, i posti restati pubblici sono pochi e negli ospedali già privatizzati, non rappresentando un business, restano fuori dagli investimenti. Se pensiamo alla nostra vita (cura, linguaggio, relazione), più si avvicinano a diventare una merce qualunque, oggetto di di scambio economico diretto o indiretto, più essi perdono di significato nella rete delle relazioni sociali, erotiche, e nei collegamenti solidali tra viventi. In altre parole, più le tasche della speculazione finanziaria si riempiono e più si svuotano i rapporti tra viventi, i legami materiali, affettivi, empatici, etici, morali che ci legano gli uni alle altre. Altro che storielle e chiacchiere televisive, la ragione delle mancate nascite in Italia (oramai da anni la popolazione è in diminuzione nonostante i migranti), viene da un persistente aumento dell'inquietudine nel mantenere la coesione sociale. Se ci manca la vita, se essa viene ricompresa nelle maglie sempre più strette dello sfruttamento neoliberista, attraverso vari passaggi e dispositivi, ci manca anche la resistenza. Resistenza alla flessibilità del capitalismo e alle sue norme ideologiche, essenziali per appropriarsi, in termini economici, del funzionamento sociale e politico. In una società sempre più precaria, scippata anche dei sentimenti (anch'essi determinati dal consumo), lo sgretolamento dei rapporti tra persone produce crisi di affetti, e produce un'angoscia progressiva che viene dalla privazione sempre più drastica dei legami, da un'incapacità di creare e gestire nuovi rapporti, ma anche nel mantenere quelli già esistenti. Siamo obbligati a reinventare la quotidianità, il senso di prossimità, le convivenze, l’interrelazione materiale e sentimentale tra noi, senza dualismi di genere. Dobbiamo smettere di pensare alla vita di coppia di cui siamo stati spettatori in gioventù, abbandonare schemi familiari precostituiti, e inventare nuovi modi di vivere. Dobbiamo rivedere nuovi schemi sociali, reinterpretando alcuni diritti sottratti dall'aggressività neoliberista nella nostra sfera personale, in particolare: il diritto alla casa, il diritto all’istruzione, il diritto alla salute, il diritto alla pensione. Non meno dobbiamo preoccuparci dei nuovi processi biologici emergenti dai nuovi rapporti lavorativi. Se la politica continua ad escludere spazi vitali a potenziali risorse vitali, dobbiamo essere noi a produrre un forte cambiamento. Operiamo energicamente per ridare vita a quello che le "modernità" escludono, ritrovare, partecipare, e potenziare gli spazi umani che ci accomunano: restituire valore all'attenzione reciproca, alle forme di assistenza, alla libertà e autodeterminazione. Riformare l'incrocio tra pubblico e privato con nuovi modelli autogestiti, dare disponibilità all'altruismo, limitare le forme di gerarchia e uscire dalle logiche di potere dove ci siamo smarriti. Questa è la cura collettiva di cui abbiamo bisogno per evitare il commercio delle nostre vite, per ridargli il corretto valore, il nostro valore. La vita è nostra ed è solo una.