PENSIERI RAPIDI: La cultura di oggi è assenza di cultura
PENSIERI RAPIDI: La cultura di oggi è assenza di cultura
<<Ciò che si chiama “il mondo della cultura” è il contrario della vera cultura, perché questa non si compie nell’accumulo di opere d’arte e di serate mondane, ma nel dispiegamento della natura umana, nella cura dell’anima, nella preoccupazione delle persone affinché crescano e migliorino>>. E’ il filosofo e scrittore francese Fabrice Hadjadj che lo afferma. Dice anche: <<che la parola cultura rimanda in primo luogo a un rapporto con la terra>>. Il mondo della cultura, così come è inteso oggi, è ormai l’opposto della cultura vera e propria, è lontano dalla terra, dall'anima, e dal concetto di miglioramento degli individui. La cultura, come dimostrazione del sapere è fortemente staccata dalla gente, è rivolta commercialmente alla gente, e ci sembra un immenso divertimento, un'autocelebrazione, una fuga sistematica che trascura il suo migliorarsi a vantaggio dell'offrirsi all'acquirente. E' sempre il giovane filosofo francese, che in maniera determinata aggiunge: <<Elogiare la nuova cultura è spia di una vera e propria mancanza della stessa cultura>>. L'osservazione interessante che ci pone questo filosofo è sul rapporto tra i concetti di crisi e cultura, con particolare attenzione allo "spirito della materia", materia intesa come perdita di senso. Quando parliamo di crisi, ad essere in crisi è la stessa idea di società, pur trattandosi di un fenomeno per molti aspetti riconducibile al passato, la crisi di oggi presenta molti aspetti nuovi nei quali l'uomo si trova a soccombere sotto tre prospettive: tecnologica, ecologica e teocratica. Interessante è la connessione tra cultura e agricoltura che ci proviene dagli autori latini e intesa da Catone come lode del buon cittadino, che veniva indicato come "bravo agricoltore" o "buon fattore" e da qui ci dice Hadjadj, che la parola cultura rimanda in primo luogo a un rapporto con la terra. Quindi se la vera cultura ci rimanda senza dubbi al rapporto con la terra, ecco la nostra confusione di oggi. Ci siamo allontanati dalla terra, abbiamo snaturato noi stessi, abbiamo tempi diversi dalla natura, e sentiamo come una minaccia lo sradicamento dai luoghi della nostra infanzia. Corriamo in tanti luoghi per turismo, per amore della conoscenza, per amore della bellezza, ci convinciamo che stiamo bene dappertutto, capestiamo questo e quello, ma ci manca il rapporto amorevole con la natura, ci manca il tempo lento della semina, crescita, e raccolto. Quello che viene a mancare è il tempo necessario, la pazienza di cui la cultura ha bisogno, (pazienza tipica del buon agricoltore e del bravo artigiano). Hadjadj va ancora oltre: <<La tecnica progredisce in maniera incontrollata scontrandosi senza trovare un punto di incontro con la natura, (Il progresso dell’innovazione è un progresso di rifiuti e un’accelerazione della fine di ogni cosa)>>. Conseguenza di ciò, è che l’uomo ha lasciato la sua centralità nella terra ed ha lasciato insediare la logistica. L’uomo post-moderno non nutre più fiducia nel progresso e nel futuro. L’uomo tecnocratico si trova in una posizione di rottura con il passato e in tal senso l’idea di progresso minaccia l’integrità stessa dell’uomo. Tali dinamiche hanno condizionato anche la procreazione trasformando il dono di "dare la vita" al diritto di avere figli. Non si trasmette più la vita ricevuta ma si crea una vita plasmata intorno ai nostri progetti. Per le civiltà antiche procreare accresceva la dignità dell’uomo, oggi invece è segno di inferiorità: «La nascita per via sessuale, destinata alla contingenza, cede il passo alla fabbricazione dell’ingegneria biogenetica, più controllabile». E' possibile affermare, che il nostro pianeta da culla della vita, della trasmissione di essa, della continuità dei saperi, è divenuto, sotto i nostri occhi, un centro logistico dei corpi.