PENSIERI RAPIDI: La Televisione e la lingua italiana.
PENSIERI RAPIDI: La Televisione e la lingua italiana.
Da almeno 50 anni l'unica educazione alla vita, alle emozioni, ai sentimenti, ai rapporti umani, la fa la televisione commerciale. Gli italiani non imparano dai libri, dal teatro, dalla filosofia, ma dal linguaggio pubblicitario che raggiunge livelli di penetrazione e raffinatezza incredibili. Quando parli con le persone ti accorgi che dicono frasi fatte, reiterate, non adatte a una discussione di valori, a una descrizione dello stato d'animo, o per una protesta sociale, ma ottime per venderti qualcosa. Imitare un comportamento che all'improvviso va di moda, è una cosa facile da apprendere, da condividere, sempre coerente, perbene ed evita conflittualità. L'italiano corrente è un linguaggio adatto alla burocrazia, alla discussione pubblica, ad andare a messa, al rosario pomeridiano, per narrare di intimità e depressione, per discutere di economia politica senza sapere cos'è, per discutere di malattie e medicinali, per la propaganda in generale. Un linguaggio adatto alle celebrazioni personali di scambio, per rendere accettabili le ruberie, per l'autocelebrazione degli uomini di Stato, per i loro portaborse, per gli appaltatori/gestori dei beni pubblici e approfittatori della politica. Una volta li chiamavamo "lecca culo". Ecco questo è l'utilizzo efficace a cui si è conformata la nostra lingua, una lingua per ruffiani e affaristi e giornalismo di convenienza. Un linguaggio evoluto che si è sviluppato per fare propaganda da una parte, ed evitare contraddittorio dall'altra con il fine di togliere ogni visibilità al dissenso. Qualcuno che in prima mattina ha un'idea per ricavarne un qualche interesse personale, grida qualcosa sui media, e gli altri a parte qualche minoranza, applaudono e condividono. Sopra: Dante Alighieri, padre della lingua italiana.
Da almeno 50 anni l'unica educazione alla vita, alle emozioni, ai sentimenti, ai rapporti umani, la fa la televisione commerciale. Gli italiani non imparano dai libri, dal teatro, dalla filosofia, ma dal linguaggio pubblicitario che raggiunge livelli di penetrazione e raffinatezza incredibili. Quando parli con le persone ti accorgi che dicono frasi fatte, reiterate, non adatte a una discussione di valori, a una descrizione dello stato d'animo, o per una protesta sociale, ma ottime per venderti qualcosa. Imitare un comportamento che all'improvviso va di moda, è una cosa facile da apprendere, da condividere, sempre coerente, perbene ed evita conflittualità. L'italiano corrente è un linguaggio adatto alla burocrazia, alla discussione pubblica, ad andare a messa, al rosario pomeridiano, per narrare di intimità e depressione, per discutere di economia politica senza sapere cos'è, per discutere di malattie e medicinali, per la propaganda in generale. Un linguaggio adatto alle celebrazioni personali di scambio, per rendere accettabili le ruberie, per l'autocelebrazione degli uomini di Stato, per i loro portaborse, per gli appaltatori/gestori dei beni pubblici e approfittatori della politica. Una volta li chiamavamo "lecca culo". Ecco questo è l'utilizzo efficace a cui si è conformata la nostra lingua, una lingua per ruffiani e affaristi e giornalismo di convenienza. Un linguaggio evoluto che si è sviluppato per fare propaganda da una parte, ed evitare contraddittorio dall'altra con il fine di togliere ogni visibilità al dissenso. Qualcuno che in prima mattina ha un'idea per ricavarne un qualche interesse personale, grida qualcosa sui media, e gli altri a parte qualche minoranza, applaudono e condividono. Sopra: Dante Alighieri, padre della lingua italiana.