PENSIERI RAPIDI: La Waterloo della sinistra italiana e la “GIUSTIZIA SOCIALE”

PENSIERI RAPIDI: La Waterloo della sinistra italiana e la “GIUSTIZIA SOCIALE”

PENSIERI RAPIDI: La Waterloo della sinistra italiana e la “GIUSTIZIA SOCIALE”

Basta scorrere gli ultimi 40 anni di fatti politici italiani e la prima cosa che emerge è che non ha vinto la destra alle ultime elezioni italiane, ma è la sinistra che è andata incontro, ed ha subito, la più umiliante delle sconfitte. Il dopo sconfitta ancora più catastrofico: i patetici slanci “faremo opposizione” sono insulti al buon senso. I capi della sinistra, il ceto dei politici superstiti cerca di sopravvivere al disastro (hanno famiglia), senza affrontare il vero problema della loro sconfitta. Il problema della sinistra italiana non è il governo Meloni, non è lo scarso appeal sui media, non è il tradimento degli elettori, il vero problema è che, dall’inizio degli anni Ottanta, essa ha smarrito la linea guida per cui la sinistra italiana è stata creata, ovvero la GIUSTIZIA SOCIALE. Questo indirizzo, valore politico, era centrale per tutte forze politiche fondanti la sinistra italiana. Valori che avevano come punto di riferimento la condizione della parte più debole della società, della più sottomessa, delle cosiddette “classi subalterne” che venivano chiamate al voto. Perché la parte più debole della società italiana era quella dei lutti di guerra, era quella che temeva la guerra, era quella che più aveva da perdere in caso di guerra. Questa parte del paese non aveva la bandiera della pace sul balcone, aveva la paura impressa nel proprio corpo. Questo elemento è centrale nella sconfitta. Tutto il resto, il problema dei diritti civili, il problema della giustizia, il problema della politica estera, della politica economica, della scuola, della sanità, del fisco, la politica della cultura, sono figli legittimi, di quella scelta di campo, la scelta sicura di stare dalla parte dei più deboli. Non è difficile capire questo, e non è necessario scomodare Karl Marx, o Lenin, l’antifascismo o la Resistenza. Qualcuno avrà da ridire su questo, mi dirà che la classe operaia non c’è più, che il proletariato si è dissolto. Questo qualcuno ha occhi che non vogliono vedere: la classe operaia si è frantumata in mille torrenti di precariato. L'area delle classi subalterne è diventata molto più ampia perché ci è precipitata anche una grossa parte della middle class. Questa frantumazione e questo ampliamento hanno prodotto una maggiore debolezza, una minore tutela, ed una insicurezza più forte di quella della classe operaia di 40 anni fa. Sotto la spinta di poteri economicamente più forti, tipici dei nostri tempi, tutte le fragilità sociali sono aumentate a dismisura. Debolezze aumentate e in balia di forze economico/finanziarie soverchianti e invadenti, che sfruttando le tecnologie sono in grado di controllare, condizionare e determinare le scelte delle persone. Qualcun altro dirà: “Oggi il livello di istruzione è maggiore”. Facile rispondere, i nostri laureati stanno peggio degli operai di Arese degli anni Settanta. Possibile che nessuno dei partiti dell’”agenda Draghi” avesse un’idea su come farli uscire da questa situazione? Quale era la posizione di Gianni Letta su questo argomento? Ancora non la comprendo. Quale è la posizione della sinistra sulla guerra? Essa non ha tenuto conto che la pace era nella natura costituente la sinistra italiana, che è stata la più grande delle sinistre europee. Evitando la questione sociale sono andati alle elezioni contando sul medagliere di progressisti, ovvero: ecologismo pieno di sensi di colpa, appartenenza risoluta alla Nato, ambiguità sulla guerra in Ucraina, aperture ai transessuali, all’eutanasia. L’eutanasia è una delle questioni della GIUSTIZIA SOCIALE (i ricchi si fanno benedire Svizzera). Concludo affermando senza dubbi, che la chiamata alle armi, a fare opposizione al governo Meloni, è l’ultimo dei tradimenti delle linee fondanti la sinistra italiana, è un atteggiamento che evita di rispondere all’elusione sistematica dei valori della vera democrazia. Hanno paura di risponderci del perché ci hanno portato in guerra. Per ricostruire la sinistra, per uscire da questa immensa catastrofe il PD deve essere chiuso definitivamente, occorre riportare in primo piano la “questione sociale”, quella determinata dalla globalizzazione, dalla digitalizzazione e dal metaverso. (metaverso è il nuovo internet 3D in rapida ascesa). Occorre sfruttare la presenza sul territorio del PD e aggregare forze giovani, perché i politici che vediamo non sentono più “un mandato”, non sentono più la responsabilità di rispondere del proprio operato agli elettori, pensano solo a riprodurre se stessi, e conservare le poltrone. Non è qualunquismo, è la constatazione di ogni giorno, ed è la ragione prima della irriformabilità di questi partiti. I partiti non si riformano semplicemente perché i partiti così come li abbiamo vissuti noi non esistono più. Solo le forme “sindacali” di rappresentanza hanno conservato ancora un certo potere di venire incontro al disagio sempre crescente. Un disagio che viene della subalternità e impotenza, individuate così bene dai movimenti populisti. Sono questi ultimi che hanno sconfitto la sinistra. Un’altra cosa è significativa: la pandemia ha fatto capire a tutti quanto sia stato importante il SSN (servizio sanitario nazionale), ha fatto capire a una parte almeno d’Italiani quale patrimonio sia ancora, malgrado tutto, la sanità pubblica. Ma chi l’ha costruita? Chi aveva ancora a cuore la GIUSTIZIA SOCIALE. Gira e rigira, se vogliamo trovare ancora residui di democrazia, di civiltà, di cultura, sempre ad essa dobbiamo tornare. Sopra: Roma capitale italiana