PENSIERI RAPIDI: le menzogne sulla natura umana
PENSIERI RAPIDI: le menzogne sulla natura umana
Quando tornavo da scuola mangiavo rapidamente e andavo nel bosco e più precisamente in un piccolo spazio al suo interno, di pochi metri quadrati senza alberi ed arbusti. In quel piccolo angolo mi muovevo come un gatto, si il gatto: animale dotato e meraviglioso, capace di passare una vita intera senza far rumore. Ancora oggi, quando sento rumore inutile e invasivo, il mio pensiero torna a quella piccola radura dove il silenzio era sovrano, liberavi pensieri, potevi sognare e navigare con la fantasia senza essere interrotto da disturbatori. Ancora oggi penso spesso a quella specie di "culla" silenziosa del bosco. Ci penso tutte le volte che osservo il muoversi degli uomini, o sento il loro rumore inutile, o penso a problemi ecologici, o alla sporcizia delle strade, alla plastica che spunta tra arbusti, fiori, siepi. Penso a quel luogo ogni volta un motociclista accelera senza ragione, ma con l'unico scopo di farsi notare dai passanti. Penso a quel piccolo "nido" odoroso, protettivo e ogni volta vedo le migliaia forme di "sfregio" e consumo inutile delle preziose risorse che la natura ci offre. Un insegnante di liceo, finito il tempo della classe, mi portò a raccogliere funghi. Una volta trovando un porcino mi disse: <<Basta così. È sufficiente per condire la pasta. Abbiamo prelevato il necessario, adesso torniamo a casa>>. Non c'era forse modo migliore per spiegarmi quale dovrebbe essere il rapporto armonico fra uomo e natura. Sapersi accontentare, acquisire la consapevolezza di non avere delle possibilità illimitate, usufruire dei benefici ambientali senza comprometterne l'integrità. Questi erano i suggerimenti illuminati del mio insegnante, eravamo negli anni Sessanta. Suggerimenti, per come stanno andando le cose oggi, evidentemente poco considerati. A forza di prelevare, di funghi nel sottobosco ne sono rimasti ormai pochi. Oggi i cambiamenti climatici chiedono un atto di generosità: provare a vivere entro i limiti concessi dall’ambiente per garantire alle generazioni più giovani un pianeta che sia ancora vivibile. Per attuare questo progetto, a una “transizione tecnologica” deve accompagnarsi anche e soprattutto una “transizione culturale”. Una transizione fondata sulla capacità di sintesi, sull'eliminazione del superfluo, sull’abolizione degli orpelli di cui amiamo circondarci. Farci notare per un silenzio rispettoso e non certo per una marmitta sbuffante. Oggi ci sono molti pensatori "guida" che scrivono di questa necessità ecologica, e non è proibitivo che questo pensiero attento alla natura possa diventare un programma elettorale vincente di qualche politico più attento all'uomo e meno avido di potere economico. Le nostre città, pur con qualche inizio di miglioramento, sono invase dal rumore: cani che abbaiano, auto che usano clacson senza ragione, passanti che urlano al cellulare, ciclisti scampanellanti, vicini di mura che hanno la TV a volume alto giorno e notte. Occorre invertire questa tendenza alla confusione inutile. Non voglio sentire che questo rumore è nella natura dell'uomo, perché è scorretto, esso è una questione sociale, quindi modificabile come tutti crimini che leggiamo sui media. Qui occorre oramai fare "muro" contro un problema endemico: nella comunicazione assistiamo alla più grande mistificazione del dopoguerra, tutti scaricano sulla natura le colpe che sono solo dell’uomo socializzato. Nulla può essere addebitato alla natura dell’uomo se i suoi crimini nascono dalla sua cultura sociale. Un crimine di guerra appartiene alla natura della guerra e non alla natura dell’uomo. Le donne e i bambini non violentano i maschi, ma restano sempre le loro vittime. I bambini all'asilo non sono razzisti, lo imparano successivamente dagli adulti. Ai gruppi con indole aggressiva e violenta, anche sul web, il cui comportamento nei confronti dei più deboli è basato sulla prevaricazione e sul bullismo, dico che la satira, contro ricchi e i potenti è satira, ma usata contro i deboli e poveri diventa soltanto bullismo. A questi soggetti numerosi che usano sistematicamente la violenza (in Italia, ogni giorno oltre 10 crimini sulle donne - dati ministeriali -), dico che mai un branco di lupi nominerebbe a "capo branco" un deficiente che sia simile a quei soggetti di umanità dubbia, diventati "capetti" che qualche volta vediamo arrestati. Smettiamola di parlare di uomini violenti perché la violenza è nella natura umana, essa è costruita e alimentata da una società aggressiva, anelante agi e potere coatto, che la maggioranza di donne e uomini non vuole e neanche comprende.
Quando tornavo da scuola mangiavo rapidamente e andavo nel bosco e più precisamente in un piccolo spazio al suo interno, di pochi metri quadrati senza alberi ed arbusti. In quel piccolo angolo mi muovevo come un gatto, si il gatto: animale dotato e meraviglioso, capace di passare una vita intera senza far rumore. Ancora oggi, quando sento rumore inutile e invasivo, il mio pensiero torna a quella piccola radura dove il silenzio era sovrano, liberavi pensieri, potevi sognare e navigare con la fantasia senza essere interrotto da disturbatori. Ancora oggi penso spesso a quella specie di "culla" silenziosa del bosco. Ci penso tutte le volte che osservo il muoversi degli uomini, o sento il loro rumore inutile, o penso a problemi ecologici, o alla sporcizia delle strade, alla plastica che spunta tra arbusti, fiori, siepi. Penso a quel luogo ogni volta un motociclista accelera senza ragione, ma con l'unico scopo di farsi notare dai passanti. Penso a quel piccolo "nido" odoroso, protettivo e ogni volta vedo le migliaia forme di "sfregio" e consumo inutile delle preziose risorse che la natura ci offre. Un insegnante di liceo, finito il tempo della classe, mi portò a raccogliere funghi. Una volta trovando un porcino mi disse: <<Basta così. È sufficiente per condire la pasta. Abbiamo prelevato il necessario, adesso torniamo a casa>>. Non c'era forse modo migliore per spiegarmi quale dovrebbe essere il rapporto armonico fra uomo e natura. Sapersi accontentare, acquisire la consapevolezza di non avere delle possibilità illimitate, usufruire dei benefici ambientali senza comprometterne l'integrità. Questi erano i suggerimenti illuminati del mio insegnante, eravamo negli anni Sessanta. Suggerimenti, per come stanno andando le cose oggi, evidentemente poco considerati. A forza di prelevare, di funghi nel sottobosco ne sono rimasti ormai pochi. Oggi i cambiamenti climatici chiedono un atto di generosità: provare a vivere entro i limiti concessi dall’ambiente per garantire alle generazioni più giovani un pianeta che sia ancora vivibile. Per attuare questo progetto, a una “transizione tecnologica” deve accompagnarsi anche e soprattutto una “transizione culturale”. Una transizione fondata sulla capacità di sintesi, sull'eliminazione del superfluo, sull’abolizione degli orpelli di cui amiamo circondarci. Farci notare per un silenzio rispettoso e non certo per una marmitta sbuffante. Oggi ci sono molti pensatori "guida" che scrivono di questa necessità ecologica, e non è proibitivo che questo pensiero attento alla natura possa diventare un programma elettorale vincente di qualche politico più attento all'uomo e meno avido di potere economico. Le nostre città, pur con qualche inizio di miglioramento, sono invase dal rumore: cani che abbaiano, auto che usano clacson senza ragione, passanti che urlano al cellulare, ciclisti scampanellanti, vicini di mura che hanno la TV a volume alto giorno e notte. Occorre invertire questa tendenza alla confusione inutile. Non voglio sentire che questo rumore è nella natura dell'uomo, perché è scorretto, esso è una questione sociale, quindi modificabile come tutti crimini che leggiamo sui media. Qui occorre oramai fare "muro" contro un problema endemico: nella comunicazione assistiamo alla più grande mistificazione del dopoguerra, tutti scaricano sulla natura le colpe che sono solo dell’uomo socializzato. Nulla può essere addebitato alla natura dell’uomo se i suoi crimini nascono dalla sua cultura sociale. Un crimine di guerra appartiene alla natura della guerra e non alla natura dell’uomo. Le donne e i bambini non violentano i maschi, ma restano sempre le loro vittime. I bambini all'asilo non sono razzisti, lo imparano successivamente dagli adulti. Ai gruppi con indole aggressiva e violenta, anche sul web, il cui comportamento nei confronti dei più deboli è basato sulla prevaricazione e sul bullismo, dico che la satira, contro ricchi e i potenti è satira, ma usata contro i deboli e poveri diventa soltanto bullismo. A questi soggetti numerosi che usano sistematicamente la violenza (in Italia, ogni giorno oltre 10 crimini sulle donne - dati ministeriali -), dico che mai un branco di lupi nominerebbe a "capo branco" un deficiente che sia simile a quei soggetti di umanità dubbia, diventati "capetti" che qualche volta vediamo arrestati. Smettiamola di parlare di uomini violenti perché la violenza è nella natura umana, essa è costruita e alimentata da una società aggressiva, anelante agi e potere coatto, che la maggioranza di donne e uomini non vuole e neanche comprende.