PENSIERI RAPIDI: PRIGIONIERI DELLE PAROLE
PENSIERI RAPIDI: PRIGIONIERI DELLE PAROLE
Dall’inizio degli anni Settanta il linguaggio della pubblicità si è imposto su quello di tutti gli altri, oltre il linguaggio intellettuale, oltre i gerghi, oltre le abitudini al contraddittorio che caratterizzavano ogni dialogo. Quello pubblicitario è un linguaggio falso, che vuole vendere sempre qualcosa e nulla ha a che fare con le nostre convenzioni e con l’umana sensibilità tra uomini. Esso si è affermato nelle conversazioni, nelle dissertazioni politiche, nel linguaggio popolare, nei teatrini caserecci, nelle abitudini tra individui, diventando il linguaggio dei linguaggi. Questo super idioma, ci ha reso tutti poco attendibili. Tutti siamo imitatori imitati. Siamo prigionieri delle nostre parole, ci rassicurano, e con esse rafforziamo le logiche di potere perbeniste e omologanti. Viviamo nello stesso modo tempo libero, le abitudini scolastiche, quelle lavorative, abbiamo abitudini di paese. Tutte queste abitudini rafforzano il nostro conformismo e vogliamo essere tutti uguali, in uno stato mentale rassicurante. Quando si tratta delle nostre emozioni, il nostro linguaggio le addomestica, le evita, o peggio ancora, le annega in un egocentrismo distruttivo verso chi non è come noi e di conseguenza per noi stessi. Siamo spesso infelici e cerchiamo l'introvabile, ma se lo troviamo, eccoci aggressivi, negativi e anche aggressivvi. Torniamo all’egocentrismo che ci imprigiona, come si manifesta nei rapporti uomo-donna? Mettiamo sempre al centro il nostro ego: io ho fatto ..io ho detto ..io ..io ..ecc. In un incontro fortunato affoghiamo ogni buona idea ed emozione nell’ostinato tentativo di esaltare noi stessi. Senza distinguere l’identità di genere, ci mettiamo sulla difensiva pensando: perché è così diversa, perché è così inconsueto. Ci spaventiamo alla prima diversità. Peggio ancora accade se incontriamo un’individualità fortemente creativa o poliedrica, che potrebbe essere una fonte prestigiosa di imprevedibilità e leggerezza, la giudichiamo secondo i nostri conformismi e ci mettiamo contro ogni cosa ci sorprende. Abbattiamo quel valore al momento incompreso, anziché potenziarlo nel suo e nel nostro interesse. La nostra omologazione, attraverso le parole del linguaggio convenzionale in cui siamo recintati, si scaglia contro chi usa un linguaggio o un atteggiamento diverso dal nostro, avendo sempre la meglio (E' folle!! Tutti penserebbero questo, o si comporterebbero come me). Usiamo la nostra morale e socializzazione per schierarci contro chi non la pensa come noi o ci sorprende. Tutto ciò che risiede in noi standardizzato, vogliamo imporlo a colui o colei che standard non sono e non vogliono esserlo. Facciamo scemare ogni singolarità o imprevedibilità per riportarle entro le nostre convenzioni. Gli intellettuali? Sono vittime essi stessi del proprio linguaggio massificato, scrivono romanzi d’amore ma difficilmente hanno vicino donne amate e felici. Desideriamo vicino un creativo imprevedibile e pieno di idee? Lo delegittimiamo cercando di eludere le sue diversità riportandolo dentro le nostre abitudini. Vogliamo vicino qualcuno che facilmente crea buon umore? Lo mettiamo all’angolo accusandolo di infantilità. Vogliamo un potente scambio di idee e del buon vivere? Mettiamo al bando un raffinato linguaggio non convenzionale preferendone un altro più tecnico ma incapace di esprimere qualsiasi concetto complesso. Tutto scema nell'ignoranza e nella povertà di un linguaggio di massa, mutietnico, cosmopolita e di grande valore accomunante perché è fantastico e straordinariamente appagante, poter ordinare un pollo alla diavola in 5 lingue diverse.. Sapendo che in questa mia asserzione avrò più nemici del solito, penso che la nostra completa realizzazione di uomini passa attraverso la delegittimazione delle nostre parole. Continua…