PENSIERI RAPIDI: Ripensare me stesso
PENSIERI RAPIDI: Ripensare me stesso
Sono stato un anarchico? Odiavo le sicurezze della maggioranza, dei "normali" e dei raccomandati. Proprio non mi andava giù che qualcuno "infermo di mente", ma raccomandato da un cardinale, sottraesse un incarico pubblico a chi era un esperto specificatamente per quella mansione e che aveva studiato anni e anni per quella professione. Sono arrivato a questa età senza aver voluto appartenere a qualcosa, a un club, a una religione, a un'associazione, a un partito, a un gruppo sportivo. Non ho amici di merende. Ho avuto repulsione per i luoghi comuni, per la pubblicità invadente, per gli atteggiamenti di massa, per le tifoserie, per i turisti, per il lavoro dipendente, per i centri commerciali, per le palestre, per i discorsi retorici, per le discoteche, e per le puttane di tutti i livelli. Non sono stato mai attratto dalle auto, dai natanti, dalle moto, dalle feste, dai baci dei parenti, dallo yoga, dalla meditazione, dai concerti, dalle cene con i colleghi del momento. Non ho mai avuto tessere. Non comprendo l'iscrizione. Non mi sono è mai iscritto a un'associazione, neanche a quella dei cacciatori, e nemmeno alla protezione animali. Non perché non fossi naturalmente dalla parte degli uccellini e contro quegli sgherri col fucile che sparano nascosti in un capanno, ma perché qualunque organizzazione mi era stretta. Avevo bisogno di sentirmi libero. Questa libertà è faticosa perché ogni volta, davanti ad una situazione, quando bisogna decidere cosa pensare, cosa fare, si può solo ricorrere alla propria testa, e al proprio cuore. Ho dovuto fare appello, alla mia responsabilità, al mio buonsenso, e non alla facile condotta dettata dall'appartenenza, da un modo di fare pronto all’uso di un partito, di un clero, o alla narrazione reiterata di un testo sacro. Non ho prodotto dolore a chi ha vissuto fuori dagli schemi, o a diversi, o non appartenenti. Ho voluto essere attento, responsabile a viso scoperto, ogni comportamento una deontologia intima e di nessun altro. Non ho mai messo un like, non mi fido di nessuno, sui social non pubblico nulla che non sia mio. Disegni, illustrazioni, testi, progetti, idee, innovazioni, o anche errori di giudizio, cambiamenti d'opinione, sono sempre stati solo miei. Oggi a quasi settant'anni nessuno sa chi sono, o che lavoro ho fatto per vivere, ho fatto diversi lavori per lucro o per piacere di impegnarmi. I figli scherzosamente mi dicono: "è un anarchico". Ribatto che non mi piace molto, gli anarchici in Italia, ma anche in Europa, non hanno mai avuto fortuna, hanno solo avuto vite brevissime e tanta galera. Oggi mi sento più un "disertore". Il disertore era colui che abbandonava il campo di battaglia, che tradiva il suo paese, che pensava a salvare prima la sua pelle, poi quella degli altri. Il disertore va al contrario di come si muovono gli altri. Se tutti vogliono fare i ragionieri, lui vuole dipingere. Se una massa di gente va alle Maldive, lui va al lago di Costanza. Se tutti imbrattano una strada, lui la ripulisce. Se tutti indossano una divisa, lui la incendia. Ebbene si, tranne poche persone che amo tantissimo, non sono interessato a quello che accade a gruppi di persone, in particolare la mia generazione fatta di gente "raccomandata", disciplinata, ubbidiente, che si vanta di aver vissuto come solo i cosidetti "normali" sanno fare. Attribuisco un grande valore alla vita, per buttarla nell'imitazione di quella degli altri. E' in gioco il mio valore. Amo le vere capacità umane, la tolleranza, l'altruismo e la bellezza come unico valore etico. Per contro, provo un odio profondo per l'aggressività e lo sgomitare di un uomo prepotente contro un altro uomo più mite e tranquillo. Non mi piace molto essere un uomo come quelli che incontro per strada, che vedo mangiare al risotorante, che vedo all'autogrill, al cinema, al parco con il cane, ai treni, sugli aerei, in fila per musei e chiese, perché la natura umana se la guardo bene, è scandalosamente orribile. Sento l'importanza delle persone buone, della bellezza dei modi, della gradevolezza, del saper vivere, dell'attenzione, ma non so bene perché le persone con queste doti sono state scaraventate sulla terra. Quello che è certo è che nel corso degli anni, molte di esse hanno attraversato la mia strada, e mi hanno fatto apprezzare la vita, hanno condiviso passioni, fragilità, turbamenti, e a volte dolori. Oggi, queste entità umane in cui mi riconosco, che amo frequentare, parlarci di ogni cosa, che percepisco piacevoli e preziose, non voglio più che si allontanino. Sono geloso di esse. Io comprendo le loro vite, le loro emozioni e le loro paure, ed esse comprendono di cosa la mia umanità negli anni si è alimentata. Comprendono le mie diserzioni, le mie paure, il mio isolarmi, comprendono uno stato insofferente nato e cresciuto da una incontenibile curiosità, dall'irriverenza, e dalla passione per le cose che gli altri non fanno o non sanno fare. Sopra: Un'invasione di turisti in Campidoglio a Roma

Sono stato un anarchico? Odiavo le sicurezze della maggioranza, dei "normali" e dei raccomandati. Proprio non mi andava giù che qualcuno "infermo di mente", ma raccomandato da un cardinale, sottraesse un incarico pubblico a chi era un esperto specificatamente per quella mansione e che aveva studiato anni e anni per quella professione. Sono arrivato a questa età senza aver voluto appartenere a qualcosa, a un club, a una religione, a un'associazione, a un partito, a un gruppo sportivo. Non ho amici di merende. Ho avuto repulsione per i luoghi comuni, per la pubblicità invadente, per gli atteggiamenti di massa, per le tifoserie, per i turisti, per il lavoro dipendente, per i centri commerciali, per le palestre, per i discorsi retorici, per le discoteche, e per le puttane di tutti i livelli. Non sono stato mai attratto dalle auto, dai natanti, dalle moto, dalle feste, dai baci dei parenti, dallo yoga, dalla meditazione, dai concerti, dalle cene con i colleghi del momento. Non ho mai avuto tessere. Non comprendo l'iscrizione. Non mi sono è mai iscritto a un'associazione, neanche a quella dei cacciatori, e nemmeno alla protezione animali. Non perché non fossi naturalmente dalla parte degli uccellini e contro quegli sgherri col fucile che sparano nascosti in un capanno, ma perché qualunque organizzazione mi era stretta. Avevo bisogno di sentirmi libero. Questa libertà è faticosa perché ogni volta, davanti ad una situazione, quando bisogna decidere cosa pensare, cosa fare, si può solo ricorrere alla propria testa, e al proprio cuore. Ho dovuto fare appello, alla mia responsabilità, al mio buonsenso, e non alla facile condotta dettata dall'appartenenza, da un modo di fare pronto all’uso di un partito, di un clero, o alla narrazione reiterata di un testo sacro. Non ho prodotto dolore a chi ha vissuto fuori dagli schemi, o a diversi, o non appartenenti. Ho voluto essere attento, responsabile a viso scoperto, ogni comportamento una deontologia intima e di nessun altro. Non ho mai messo un like, non mi fido di nessuno, sui social non pubblico nulla che non sia mio. Disegni, illustrazioni, testi, progetti, idee, innovazioni, o anche errori di giudizio, cambiamenti d'opinione, sono sempre stati solo miei. Oggi a quasi settant'anni nessuno sa chi sono, o che lavoro ho fatto per vivere, ho fatto diversi lavori per lucro o per piacere di impegnarmi. I figli scherzosamente mi dicono: "è un anarchico". Ribatto che non mi piace molto, gli anarchici in Italia, ma anche in Europa, non hanno mai avuto fortuna, hanno solo avuto vite brevissime e tanta galera. Oggi mi sento più un "disertore". Il disertore era colui che abbandonava il campo di battaglia, che tradiva il suo paese, che pensava a salvare prima la sua pelle, poi quella degli altri. Il disertore va al contrario di come si muovono gli altri. Se tutti vogliono fare i ragionieri, lui vuole dipingere. Se una massa di gente va alle Maldive, lui va al lago di Costanza. Se tutti imbrattano una strada, lui la ripulisce. Se tutti indossano una divisa, lui la incendia. Ebbene si, tranne poche persone che amo tantissimo, non sono interessato a quello che accade a gruppi di persone, in particolare la mia generazione fatta di gente "raccomandata", disciplinata, ubbidiente, che si vanta di aver vissuto come solo i cosidetti "normali" sanno fare. Attribuisco un grande valore alla vita, per buttarla nell'imitazione di quella degli altri. E' in gioco il mio valore. Amo le vere capacità umane, la tolleranza, l'altruismo e la bellezza come unico valore etico. Per contro, provo un odio profondo per l'aggressività e lo sgomitare di un uomo prepotente contro un altro uomo più mite e tranquillo. Non mi piace molto essere un uomo come quelli che incontro per strada, che vedo mangiare al risotorante, che vedo all'autogrill, al cinema, al parco con il cane, ai treni, sugli aerei, in fila per musei e chiese, perché la natura umana se la guardo bene, è scandalosamente orribile. Sento l'importanza delle persone buone, della bellezza dei modi, della gradevolezza, del saper vivere, dell'attenzione, ma non so bene perché le persone con queste doti sono state scaraventate sulla terra. Quello che è certo è che nel corso degli anni, molte di esse hanno attraversato la mia strada, e mi hanno fatto apprezzare la vita, hanno condiviso passioni, fragilità, turbamenti, e a volte dolori. Oggi, queste entità umane in cui mi riconosco, che amo frequentare, parlarci di ogni cosa, che percepisco piacevoli e preziose, non voglio più che si allontanino. Sono geloso di esse. Io comprendo le loro vite, le loro emozioni e le loro paure, ed esse comprendono di cosa la mia umanità negli anni si è alimentata. Comprendono le mie diserzioni, le mie paure, il mio isolarmi, comprendono uno stato insofferente nato e cresciuto da una incontenibile curiosità, dall'irriverenza, e dalla passione per le cose che gli altri non fanno o non sanno fare. Sopra: Un'invasione di turisti in Campidoglio a Roma
