QUESTA GUERRA (sesta parte) Le conseguenze del riarmo

QUESTA GUERRA (sesta parte) Le conseguenze del riarmo

QUESTA GUERRA (sesta parte) Le conseguenze del riarmo
Un anno fa, il 27 aprile 2022, pubblicavo qui: "Questa guerra" (quinta parte), dove mettevo in risalto come molti cittadini europei erano affascinati dalla guerra vicino casa, ovvero dall'invasione russa dell'Ucraina. Oggi parlo di come questo è sfruttato dai governi guerrafondai del nostro amato continente, sospinti da anni di covata rivincita del patriarcato di tutte le latitudini. E' bene precisare alcuni aspetti essenziali di questa guerra: 1) La "normalizzazione", ovvero per come abbiamo impararto a conviverci, per la spettacolarità di come i media presentano i fatti, per come i politici la usano per annientare gli problemi interni degli Stati, ovvero rendere "ineluttabili" le fasce di povertà in rapido aumento, e l'inflazione galoppante. 2) "L'estensione", questa guerra è una vera terza guerra mondiale perché di fatto è globale, in quanto inflazione, politiche di riarmo, povertà emergente, e le potenti spinte patriarcali riguardano tutto il mondo. 3) "Antisociale", mai come in questo caso la guerra sta generando politiche infami per nascondere o frenare potenti conflitti sociali.
Mentre la guerra in Ucraina continua, le cronache di morte e distruzione sembrano essere diventate parte della normalità quotidiana per coloro che non sono direttamente coinvolti nel conflitto. Oltre all’insopportabile peso della sofferenza umana, la normalizzazione della guerra comporta che la politica sia ridotta al potere degli Stati e al dominio del capitalismo sulle nostre vite e sull’ambiente. La normalizzazione della guerra riduce al silenzio coloro che sono oppressi e sfruttati (si crea il pensiero subdolo che la povertà e miseria sia nulla in confronto alla devastazione di una guerra). La mia generazione pensava di vivere questi anni in tranquillità ma non è così. Se ci è chiara la drammaticità della guerra combattuta con le armi, ci sono sfuggenti gli effetti delle "politiche di guerra". Queste politiche nelle leggi finanziarie, per ragioni divenute ineluttabili, sostengono spese militari, spese per la sicurezza nazionale, per le forze dell'ordine, per le armi in genere soldi che fino allo scorso anno erano della sanità, dalla scuola, dei pensionati, della cultura, in barba a quanto prevedono le Costituzioni dei paesi democratici europei. Come se la disubbidienza alla NATO fosse essa stessa una atto di guerra agli USA. Oramai possiamo affermare che la guerra è utilizzata dalla maggior parte degli Stati, per proteggere politiche infami elaborate per nascondere o frenare i potenti conflitti sociali all'interno di ogni paese. Questa guerra si è manifestata come uno shock. In poche settimane, l’invasione russa dell’Ucraina ha scatenato conseguenze diffuse capillarmente a livello globale, esplosione dei costi dell'energia elettrica e del gas, inflazione, aumenti ingiustificati dei generi di prima necessità, aumenti dei costi di autostrade e ferrovie, costringendoci ad affrontare i limiti delle nostre azioni. Oggi abbiamo più che mai bisogno di inventare una nuova politica per far fronte alla realtà transnazionale in cui ci troviamo e a questa congiuntura politica ed economica in rapida evoluzione. Questo, è essere difronte a una guerra mondiale per stabilire un nuovo ordine globale. La Terza guerra mondiale era in preparazione da anni in altri scenari di guerra spesso ignorati perché lontani dal palcoscenico occidentale. Con l’invasione dell’Ucraina ora la vediamo in faccia. Con ciò non intendiamo che la guerra sia condotta solo dalle grandi potenze né che sia combattuta ovunque, ma che ogni luogo del mondo è ora potenzialmente colpito dalla guerra e dalle sue conseguenze. I corollari di tutto questo sono la crescente militarizzazione, le minacce nucleari, l’occultamento dei conflitti sociali dietro una falsa omogeneità nazionale. Questa guerra ha anche altri aspetti inquietanti ed è banale pensare che l’invasione russa semplicemente come una reazione all’espansionismo della NATO, minimizzando in questo modo la portata del disastro che ha causato. E’ sconsiderato giustificare la politica di guerra promossa dai paesi “occidentali” con il riarmo, lo scontro economico e le sanzioni che stanno gettando milioni di persone nella povertà e alimentando tensioni in tutto il mondo. E’ insensato accettare l’intero sistema che permette al regime autoritario turco di usare i migranti come merce di scambio al tavolo degli accordi internazionali in Europa come ricompensa necessaria per accettare l’allargamento della NATO. Impossibile ignorare ciò che questi attori stanno facendo e gli effetti che le loro politiche stanno avendo sulle vite, sui redditi e sulle condizioni di lavoro in tutto il mondo. Una politica transnazionale di pace interrompe la crescente competizione internazionale prendendo parte nella lotta tra chi paga il prezzo della guerra e chi ne trae profitto. Non basta la bandiera della pace esposta sui balconi o la discesa in piazza di manifestanti di qualche città, occorre cambiare sistema e creare un movimento "transnazionale" per la pace, perché questa guerra sta riducendo le possibilità di vita di troppa gente come mai accaduto negli ultimi 60 anni. Occorre una pace sociale transnazionale che si opponga a una pace pilotata che sarebbe insostenibile. Non basta dire che siamo contro tutte le guerre, se alla fine questo significa non essere contro nessuna guerra in particolare. Non crediamo quindi agli appelli generici in nome della pace, né ci fidiamo dei progetti di diplomazia e di ricostruzione che vedono opportunità per l’estrazione e lo sfruttamento di nuove risorse e alimentano altre guerre. Una politica transnazionale di pace si determina qui e ora, nella complessità e nelle contraddizioni del presente. Sta dalla parte dei lavoratori e delle lavoratrici, delle fasce con reddito in pericolo e dei migranti, delle donne e delle persone LGBTQ, di coloro che si difendono, di coloro che fuggono e di coloro che disertano l’esercito rischiando il carcere e la persecuzione. Occorre una politica transnazionale di pace si oppone all’insostenibile pace sociale che vuole che le persone accettino la normalizzazione della guerra e il peggioramento delle loro condizioni di vita e di lavoro. Non ci interessano i presunti “valori democratici europei” che sono stati mobilitati per sostenere la guerra, essi sono anticostituzionali. Il riarmo in Italia è anticostituzionale. La guerra sta accrescendo la violenza patriarcale sia in Ucraina che nel resto del mondo. Lo stupro è un’arma. La povertà rafforza i potenti, e la guerra è un pretesto per alimentare le gerarchie di genere: la spirale di militarizzazione onnipresente va di pari passo con i tagli alla spesa pubblica e le riforme neoliberali che rafforzano la divisione sessuale del lavoro e lo sfruttamento delle donne attraverso i confini. A quest'ultimo argomento dedicherò la prossima parte.