UNA TRAGEDIA GLOBALE E L'OCCASIONE DI RIPENSARE L'ECONOMIA
Un tragedia globale e l'occasione per ripensare l'economia.
La portata dei disastri provocati nel mondo dalla pandemia da coronavirus è sconvolgente. La ripartenza organizzata dal sistema economico non credo sarà un problema, non è la prima volta che accade. Oggi, 18 aprile 2020 il problema dei problemi è tornare a tutto quello che abbiamo vissuto o è l'occassione di produrre un forte cambiamento? Prima del covid, per chi ha visitato alcune pagine qui sopra, sa bene che troppe cose non ci piacevano più da decenni. Eravamo in ansia per le sorti del nostro pianeta, avevamo anche scritto che il covid era un modo della natura per liberarsi dello smog industriale, parlavamo di come il liberismo ci avrebbe sotterrato, della disoccupazione provocata dall'intelligenza artificiale, degli orari di lavoro da ridurre per dare a tutti possibilità di reddito, parlavamo della concentrazione del potere finanziario in pochissime mani, ma soprattutto si percepiva tardivo ogni possibile intervento per salvare il nostro pianeta. Leggiamo in tante pagine autorevoli: <<La notizia più entusiasmante legata alla crisi del coronavirus è che ci sta offrendo inestimabili opportunità per un nuovo inizio>>. <<Resettiamo e riprogettiamo l’hardware e il software su uno schermo praticamente vuoto, azzerato dal covid>>. Io qualche idea l'avrei e la dico. La ripresa post-covid deve essere una ripresa trainata da una consapevolezza sociale. Per la prima volta il potere economico dovrebbe partire da qui e non operare come se il sociale sia materia prima e mezzo di sfruttamento di tutti i viventi e del globo terrestre. I nuovi governi devono garantire a chi li elegge, che la prossima ripresa non sarà attuata per riportare le cose al punto in cui erano prima, ma questo sarà l'inizio della politica della gente per la gente. I governi devono imporre occasioni di business, quindi creare nuove imprese in grado di rendere tutto ciò possibile. Il punto centrale sarà nel mettere al centro di progetti politici una nuova consapevolezza sociale e ambientale. I pubblici amministratori dovranno garantire che gli utlili su ogni business devono produrre valore generale, ambientale, e non più alimentare il profitto di pochi che oggi ancora investono in guerre, esperimenti dannosi, producono scorie e tutto quello che negli ultimi decenni ha messo in pericolo le possibilità di vita nella nostra biosfera. Introdurrei il concetto di "impresa sociale". Si tratterebbe di una nuova forma d’impresa creata esclusivamente per risolvere i problemi delle persone. Un’impresa che non crea un utile personale per gli investitori, se si eccettua il solo recupero dell’investimento iniziale. Una volta rientrati in possesso dell’investimento originario, tutti gli utili successivi devono essere re-immessi nell’impresa. Se con questo perderemmo gli investimenti dei soliti affaristi, siano gli Stati a investire, in una specie di socialismo moderno e di necessità. Occorre incoraggiare, assegnare le priorità, fare spazio, affinché le imprese sociali possano impegnarsi in responsabilità crescenti e di ampia portata finalizzate alla ripresa. Occorrono programmi nitidi per aziende che si devono impegnare anche nell’assistenza agli indigenti, ai disoccupati, tornando a un esteso welfare, ripristinando i programmi dell’assistenza sanitaria e tutti i servizi ad essa necessari. Occorre una nuova "IRI" moderna, aderente alle esigenze regionali, che dovrà indicare statuti di impresa, e sostenerne lo sviluppo in un "social-business" che abbia al centro la sorte di tutti i viventi. Continua...
La portata dei disastri provocati nel mondo dalla pandemia da coronavirus è sconvolgente. La ripartenza organizzata dal sistema economico non credo sarà un problema, non è la prima volta che accade. Oggi, 18 aprile 2020 il problema dei problemi è tornare a tutto quello che abbiamo vissuto o è l'occassione di produrre un forte cambiamento? Prima del covid, per chi ha visitato alcune pagine qui sopra, sa bene che troppe cose non ci piacevano più da decenni. Eravamo in ansia per le sorti del nostro pianeta, avevamo anche scritto che il covid era un modo della natura per liberarsi dello smog industriale, parlavamo di come il liberismo ci avrebbe sotterrato, della disoccupazione provocata dall'intelligenza artificiale, degli orari di lavoro da ridurre per dare a tutti possibilità di reddito, parlavamo della concentrazione del potere finanziario in pochissime mani, ma soprattutto si percepiva tardivo ogni possibile intervento per salvare il nostro pianeta. Leggiamo in tante pagine autorevoli: <<La notizia più entusiasmante legata alla crisi del coronavirus è che ci sta offrendo inestimabili opportunità per un nuovo inizio>>. <<Resettiamo e riprogettiamo l’hardware e il software su uno schermo praticamente vuoto, azzerato dal covid>>. Io qualche idea l'avrei e la dico. La ripresa post-covid deve essere una ripresa trainata da una consapevolezza sociale. Per la prima volta il potere economico dovrebbe partire da qui e non operare come se il sociale sia materia prima e mezzo di sfruttamento di tutti i viventi e del globo terrestre. I nuovi governi devono garantire a chi li elegge, che la prossima ripresa non sarà attuata per riportare le cose al punto in cui erano prima, ma questo sarà l'inizio della politica della gente per la gente. I governi devono imporre occasioni di business, quindi creare nuove imprese in grado di rendere tutto ciò possibile. Il punto centrale sarà nel mettere al centro di progetti politici una nuova consapevolezza sociale e ambientale. I pubblici amministratori dovranno garantire che gli utlili su ogni business devono produrre valore generale, ambientale, e non più alimentare il profitto di pochi che oggi ancora investono in guerre, esperimenti dannosi, producono scorie e tutto quello che negli ultimi decenni ha messo in pericolo le possibilità di vita nella nostra biosfera. Introdurrei il concetto di "impresa sociale". Si tratterebbe di una nuova forma d’impresa creata esclusivamente per risolvere i problemi delle persone. Un’impresa che non crea un utile personale per gli investitori, se si eccettua il solo recupero dell’investimento iniziale. Una volta rientrati in possesso dell’investimento originario, tutti gli utili successivi devono essere re-immessi nell’impresa. Se con questo perderemmo gli investimenti dei soliti affaristi, siano gli Stati a investire, in una specie di socialismo moderno e di necessità. Occorre incoraggiare, assegnare le priorità, fare spazio, affinché le imprese sociali possano impegnarsi in responsabilità crescenti e di ampia portata finalizzate alla ripresa. Occorrono programmi nitidi per aziende che si devono impegnare anche nell’assistenza agli indigenti, ai disoccupati, tornando a un esteso welfare, ripristinando i programmi dell’assistenza sanitaria e tutti i servizi ad essa necessari. Occorre una nuova "IRI" moderna, aderente alle esigenze regionali, che dovrà indicare statuti di impresa, e sostenerne lo sviluppo in un "social-business" che abbia al centro la sorte di tutti i viventi. Continua...