QUESTA GUERRA (Terza parte)
Questa guerra (terza parte)
Chiamatela come volete, ma un'economia che prevede il riarmo è un'economia di guerra!! Le conseguenze di queste spese "impreviste" le subiremo tutti indistintamente, tranne coloro che arricchiscono con gli armamenti o meglio dire con la "sicurezza" che è un termine più elegante e meno orribile. Le notizie di questi giorni, in una specie di "rassegna stampa" fatta per me stesso, basata su fonti che da sempre ritengo le più aderenti a un'informazione con poche manipolazioni, non mi allarmano ma mi allertano. Vediamo cosa si legge tra notizie dirette e quelle tra le righe: nel messaggio che Mario Draghi ha rilasciato il giorno prima del summit europeo di Versailles, l’11 marzo scorso, si affermava: “L’Europa e l’Italia non sono in una fase di “economia di guerra", ma il “futuro preoccupa” e “bisogna prepararsi”. In realtà siamo già in un’economia di guerra. Tale termine implica l’adozione di misure di politiche economiche al fine di adeguare il sistema economico nazionale alle esigenze che derivano dalla partecipazione dello Stato ad un evento bellico. La logica tuttavia è più o meno la stessa. Guerra è sinonimo di distruzione e a ogni distruzione segue una ricostruzione, cioè si devono creare le condizioni per una nuova accumulazione capitalistica. Se la guerra può prescindere dal capitalismo, il capitalismo non può fare a meno dalla guerra. La guerra, la moneta e lo Stato sono forze ontologiche, cioè costitutive e costituenti, del capitalismo e le guerre (e non La guerra) sono da intendersi come il principio di organizzazione della società. Le sanzioni dei paesi Nato, sono la risposta di guerra economica all’invasione dell’esercito russo ai danni dell’Ucraina. Oltre a colpire il settore energetico, i trasporti, il commercio e la ricchezza privata di numerosi individui legati al governo di Mosca, la strategia sembra quella di estromettere la Russia dal sistema dei pagamenti internazionali. Come scrive giustamente Luca Fantacci: “Le sanzioni finanziarie, quando sono comminate dagli Stati Uniti, possono avere effetti ancor più devastanti di un attacco militare. Il paragone non è azzardato: infatti, al pari di un attacco atomico, seppure in maniera diversa, più lenta e più subdola, le sanzioni rischiano di provocare ripercussioni devastanti anche per chi le mette in atto, minando alla radice l’egemonia monetaria del dollaro. Possibile crisi dell’egemonia del dollaro? Ha sempre più carburante il secolo cinese. Sento insistere sulla fantascienza che diviene realtà!! All’erosione dell’egemonia del dollaro potrebbe contribuire anche il crescente ricorso alle criptovalute. In effetti, le criptovalute potrebbero costituire un mezzo di pagamento internazionale e di detenzione della ricchezza alternativo per i cittadini, le banche e le istituzioni finanziarie russe colpite dal blocco di SWIFT, e in generale dalle sanzioni occidentali. Infatti, le criptovalute costituiscono una forma di asset virtuale che viene scambiato senza alcun bisogno di intermediari, sfuggendo al controllo delle autorità. Non è un caso che le quotazioni del Bitcoin da fine febbraio alla prima settimana di marzo sino aumentate del 20% sino a sfiorare i 40.000 dollari, per poi avere un andamento altalenante, ma mantenendosi su quei livelli. Eccoci in premessa, la nuova economia di guerra è già attiva e la possiamo definire "stato dei fatti" al 20 aprile 2022 o ipotizzare come l'inizio di una terza guerra mondiale. Se queste notizie sono attendibili, ecco che siamo messi poco bene anche rifuggendo da allarmismi anticipati o eccessivi. Lontana da me, ogni presunzione di voler dire la mia su economia globale e spostamenti finanziari, voglio pensare a questioni pratiche che potrebbero diminuire le nostre fragilità ed incertezze. Temiamo la mancanza di gas nel prossimo inverno? Per chi ha la possibilità credo sia il momento di mettere in atto gli stessi comportamenti dei nostri genitori nel dopoguerra. Pensare a una dispensa adatta alla conservazione di prodotti dell'orto, a un camino che possa ovviare almeno all'uso di gas durante la giornata, o una stufa a pellet, o una stufa a legna. Questi elementi consentono anche una moderata disponibilità di acqua calda. Sicuramente ognuno di noi ha molte altre idee e anche più significative di queste citate, ma quello che conta , affinché questi elementi possano esserci di aiuto, è che iniziamo subito. Già in queste prime avvisaglie di un'estate in arrivo dobbiamo provvedere ad alcuni cambiamenti o allo stoccaggio di alcune risorse (legna da ardere ad esempio) che a ottobre possa essere utilizzata al meglio. Dopo settembre la legna disponibile sul "solito" mercato produrrà nel nostro camino delle grandi fumate, ma poco o niente calore. Se perdiamo tempo ora, tutto il nostro impegno sarà vanificato e la nostra fragilità limiterà prepotentemente le nostre esistenze.
Chiamatela come volete, ma un'economia che prevede il riarmo è un'economia di guerra!! Le conseguenze di queste spese "impreviste" le subiremo tutti indistintamente, tranne coloro che arricchiscono con gli armamenti o meglio dire con la "sicurezza" che è un termine più elegante e meno orribile. Le notizie di questi giorni, in una specie di "rassegna stampa" fatta per me stesso, basata su fonti che da sempre ritengo le più aderenti a un'informazione con poche manipolazioni, non mi allarmano ma mi allertano. Vediamo cosa si legge tra notizie dirette e quelle tra le righe: nel messaggio che Mario Draghi ha rilasciato il giorno prima del summit europeo di Versailles, l’11 marzo scorso, si affermava: “L’Europa e l’Italia non sono in una fase di “economia di guerra", ma il “futuro preoccupa” e “bisogna prepararsi”. In realtà siamo già in un’economia di guerra. Tale termine implica l’adozione di misure di politiche economiche al fine di adeguare il sistema economico nazionale alle esigenze che derivano dalla partecipazione dello Stato ad un evento bellico. La logica tuttavia è più o meno la stessa. Guerra è sinonimo di distruzione e a ogni distruzione segue una ricostruzione, cioè si devono creare le condizioni per una nuova accumulazione capitalistica. Se la guerra può prescindere dal capitalismo, il capitalismo non può fare a meno dalla guerra. La guerra, la moneta e lo Stato sono forze ontologiche, cioè costitutive e costituenti, del capitalismo e le guerre (e non La guerra) sono da intendersi come il principio di organizzazione della società. Le sanzioni dei paesi Nato, sono la risposta di guerra economica all’invasione dell’esercito russo ai danni dell’Ucraina. Oltre a colpire il settore energetico, i trasporti, il commercio e la ricchezza privata di numerosi individui legati al governo di Mosca, la strategia sembra quella di estromettere la Russia dal sistema dei pagamenti internazionali. Come scrive giustamente Luca Fantacci: “Le sanzioni finanziarie, quando sono comminate dagli Stati Uniti, possono avere effetti ancor più devastanti di un attacco militare. Il paragone non è azzardato: infatti, al pari di un attacco atomico, seppure in maniera diversa, più lenta e più subdola, le sanzioni rischiano di provocare ripercussioni devastanti anche per chi le mette in atto, minando alla radice l’egemonia monetaria del dollaro. Possibile crisi dell’egemonia del dollaro? Ha sempre più carburante il secolo cinese. Sento insistere sulla fantascienza che diviene realtà!! All’erosione dell’egemonia del dollaro potrebbe contribuire anche il crescente ricorso alle criptovalute. In effetti, le criptovalute potrebbero costituire un mezzo di pagamento internazionale e di detenzione della ricchezza alternativo per i cittadini, le banche e le istituzioni finanziarie russe colpite dal blocco di SWIFT, e in generale dalle sanzioni occidentali. Infatti, le criptovalute costituiscono una forma di asset virtuale che viene scambiato senza alcun bisogno di intermediari, sfuggendo al controllo delle autorità. Non è un caso che le quotazioni del Bitcoin da fine febbraio alla prima settimana di marzo sino aumentate del 20% sino a sfiorare i 40.000 dollari, per poi avere un andamento altalenante, ma mantenendosi su quei livelli. Eccoci in premessa, la nuova economia di guerra è già attiva e la possiamo definire "stato dei fatti" al 20 aprile 2022 o ipotizzare come l'inizio di una terza guerra mondiale. Se queste notizie sono attendibili, ecco che siamo messi poco bene anche rifuggendo da allarmismi anticipati o eccessivi. Lontana da me, ogni presunzione di voler dire la mia su economia globale e spostamenti finanziari, voglio pensare a questioni pratiche che potrebbero diminuire le nostre fragilità ed incertezze. Temiamo la mancanza di gas nel prossimo inverno? Per chi ha la possibilità credo sia il momento di mettere in atto gli stessi comportamenti dei nostri genitori nel dopoguerra. Pensare a una dispensa adatta alla conservazione di prodotti dell'orto, a un camino che possa ovviare almeno all'uso di gas durante la giornata, o una stufa a pellet, o una stufa a legna. Questi elementi consentono anche una moderata disponibilità di acqua calda. Sicuramente ognuno di noi ha molte altre idee e anche più significative di queste citate, ma quello che conta , affinché questi elementi possano esserci di aiuto, è che iniziamo subito. Già in queste prime avvisaglie di un'estate in arrivo dobbiamo provvedere ad alcuni cambiamenti o allo stoccaggio di alcune risorse (legna da ardere ad esempio) che a ottobre possa essere utilizzata al meglio. Dopo settembre la legna disponibile sul "solito" mercato produrrà nel nostro camino delle grandi fumate, ma poco o niente calore. Se perdiamo tempo ora, tutto il nostro impegno sarà vanificato e la nostra fragilità limiterà prepotentemente le nostre esistenze.